Pubblicato il Lascia un commento

Cosa sono i Campi Morfogenetici secondo Rupert Sheldrake

campo_morfogenetico
Forse è arrivato il momento di chiedersi se uno studio serio e approfondito dei campi morfogenetici e delle loro proprietà possa dare risultati migliori, nel campo della morfogenesi e della parapsicologica, delle ricerche basate su una più classica impostazione materialista. Ma se il mondo scientifico continua a essere diffidente verso questo percorso alternativo, chiaramente questi nuovi studi impiegheranno molto più tempo per svilupparsi, e ciò avrà un costo sociale e nazionale. Fenomeni simili hanno impedito il progresso anche in molte aeree della medicina alternativa. Nel presente articolo non intendiamo affrontare quest’ultimo punto; ciò che faremo è commentare l’opera di Sheldrake, soprattutto per quanto riguarda la stretta affinità tra le sue idee e il concetto dell’indeterminatezza quantica.
Ci rendiamo conto che molte idee che esponiamo in “Science Within Consciousness” necessitano di ulteriori approfondimenti. Non ci scusiamo per questo. Nessuna scienza è mai completamente in grado di spiegare il mondo, né viene mai sviluppata fino in fondo. Il massimo che possiamo fare è indicare quei punti in cui riteniamo che occorrono chiarimenti e unificazioni, e tentare di offrirli noi stessi laddove è possibile. Questo è un altro degli scopi del presente articolo.Quanto segue è una sintesi delle idee di Sheldrake contenute nel suo libro A New Science of Life e nei successivi Seven Experiments that could Change the World e Dogs that Know When their Masters are Coming Home. Forse è arrivato il momento di chiedersi se uno studio serio e approfondito dei campi morfogenetici e delle loro proprietà possa dare risultati migliori, nel campo della morfogenesi e della parapsicologica, delle ricerche basate su una più classica impostazione materialista. Ma se il mondo scientifico continua a essere diffidente verso questo percorso alternativo, chiaramente questi nuovi studi impiegheranno molto più tempo per svilupparsi, e ciò avrà un costo sociale e nazionale. Fenomeni simili hanno impedito il progresso anche in molte aeree della medicina alternativa. Nel presente articolo non intendiamo affrontare quest’ultimo punto; ciò che faremo è commentare l’opera di Sheldrake, soprattutto per quanto riguarda la stretta affinità tra le sue idee e il concetto dell’indeterminatezza quantica. Ci rendiamo conto che molte idee che esponiamo in “Science Within Consciousness” necessitano di ulteriori approfondimenti. Non ci scusiamo per questo. Nessuna scienza è mai completamente in grado di spiegare il mondo, né viene mai sviluppata fino in fondo. Il massimo che possiamo fare è indicare quei punti in cui riteniamo che occorrono chiarimenti e unificazioni, e tentare di offrirli noi stessi laddove è possibile. Questo è un altro degli scopi del presente articolo. Quanto segue è una sintesi delle idee di Sheldrake contenute nel suo libro A New Science of Life e nei successivi Seven Experiments that could Change the World e Dogs that Know When their Masters are Coming Home.

I Campi morfogenetici
La scienza materialista non è un complesso unificato. Studiando sistemi di complessità sempre maggiore, questi ultimi sembrano sviluppare un proprio sistema di proprietà assiomatiche. La scienza materialista, come è noto, sostiene che dalla meccanica quantistica delle particelle subatomiche si può derivare la meccanica quantistica delle strutture atomiche e molecolari, e da queste ultime le proprietà chimiche delle sostanze, che a loro volta spiegano i fenomeni vitali e sono alla base della psicologia, della sociologia, dell’economia e della cosmologia. Ovunque sia possibile, questi passaggi sono stati studiati, spesso con risultati soddisfacenti. Tuttavia, lo studio di alcuni di essi presenta grandi difficoltà. Nel caso della meccanica quantistica, le difficoltà sembrano inerenti alla disciplina stessa: la transizione dallo stato di potenza a quello di attualità non è spiegabile, ora come ora, all’interno della meccanica quantica. Le altre transizioni, incluse le interazioni non-lineari dei costituenti, danno luogo a insormontabili difficoltà di calcolo, che rendono necessaria la creazione di nuovi assiomi sulle macrostrutture emergenti da tali complesse interazioni. Studiamo la Fisica nucleare, la Fisica atomica, la Fisica classica (incluse la Fisica ottica e geometrica), la Fisica molecolare, la Chimica, la Biologia, la Psicologia, la Sociologia, ognuna come una disciplina a se stante, con le sue proprie leggi. Ora invece torniamo a esse, cercando di integrare il nostro sapere con le teorie di Rupert Sheldrake.I Campi morfogenetici La scienza materialista non è un complesso unificato. Studiando sistemi di complessità sempre maggiore, questi ultimi sembrano sviluppare un proprio sistema di proprietà assiomatiche. La scienza materialista, come è noto, sostiene che dalla meccanica quantistica delle particelle subatomiche si può derivare la meccanica quantistica delle strutture atomiche e molecolari, e da queste ultime le proprietà chimiche delle sostanze, che a loro volta spiegano i fenomeni vitali e sono alla base della psicologia, della sociologia, dell’economia e della cosmologia. Ovunque sia possibile, questi passaggi sono stati studiati, spesso con risultati soddisfacenti. Tuttavia, lo studio di alcuni di essi presenta grandi difficoltà. Nel caso della meccanica quantistica, le difficoltà sembrano inerenti alla disciplina stessa: la transizione dallo stato di potenza a quello di attualità non è spiegabile, ora come ora, all’interno della meccanica quantica. Le altre transizioni, incluse le interazioni non-lineari dei costituenti, danno luogo a insormontabili difficoltà di calcolo, che rendono necessaria la creazione di nuovi assiomi sulle macrostrutture emergenti da tali complesse interazioni. Studiamo la Fisica nucleare, la Fisica atomica, la Fisica classica (incluse la Fisica ottica e geometrica), la Fisica molecolare, la Chimica, la Biologia, la Psicologia, la Sociologia, ognuna come una disciplina a se stante, con le sue proprie leggi. Ora invece torniamo a esse, cercando di integrare il nostro sapere con le teorie di Rupert Sheldrake.
Come sottolinea Sheldrake, quando si cerca di predire il comportamento di grandi aggregati in termini di comportamento dei loro singoli componenti, ci si trova di fronte al fatto che l’aggregato può presentare molte configurazioni stabili di energia relativamente minima. La configurazione che un aggregato può assumere dipende in larga misura dalle condizioni iniziali imposte al sistema: la teoria del caos dimostra come mutamenti infinitesimali di queste condizioni possono produrre enormi cambiamenti, quindi è praticamente impossibile predire la configurazione dell’aggregato.
Ciò vale a esempio per i cristalli, gli enzimi, il comportamento animale o delle società (confrontare l’analisi di Rene Thom riguardo la “Teoria della catastrofe”). “… Niente ci autorizza a dire che [le attuali teorie della Fisica] … possano spiegare il formarsi di una di queste possibili strutture anziché di un’altra”. Sheldrake postula che la determinazione di una struttura dipende da un campo esterno di influenza associato al processo di formazione della struttura stessa. Questo cosiddetto campo morfogenetico porta con sé il “programma”, per così dire, del processo di formazione.Sheldrake postula che tale programma si sviluppa nel campo tramite strutture precedenti formatesi sotto la guida del campo. Ciò ricorda molto da vicino il modo in cui le cellule cerebrali sono all’origine della consapevolezza individuale nel contesto (ipotizzato da >>>Goswami) della separazione tra la consapevolezza individuale e quella universale.

A ogni modo, c’è una grande differenza nei due meccanismi postulati: quello ipotizzato inizialmente da Goswami (cioè la transizione dalla consapevolezza universale a quella individuale) e quello di Sheldrake. In entrambi i casi, le strutture in questione hanno proprietà classiche, donde la memoria: nel caso dei neuroni o delle cellule individuali, essa sorge dal termine non-lineare dell’equazione many-body approssimata di Schroedinger; nel caso di Sheldrake sorge dalla complessità della struttura dell’organismo. L’indeterminatezza della struttura è meccanico-quantica nel caso delle cellule, mentre nel caso degli organismi è dovuto alla natura caotica (nel senso della teoria del caos) della struttura emergente.Come sottolinea Sheldrake, quando si cerca di predire il comportamento di grandi aggregati in termini di comportamento dei loro singoli componenti, ci si trova di fronte al fatto che l’aggregato può presentare molte configurazioni stabili di energia relativamente minima. La configurazione che un aggregato può assumere dipende in larga misura dalle condizioni iniziali imposte al sistema: la teoria del caos dimostra come mutamenti infinitesimali di queste condizioni possono produrre enormi cambiamenti, quindi è praticamente impossibile predire la configurazione dell’aggregato. Ciò vale a esempio per i cristalli, gli enzimi, il comportamento animale o delle società (confrontare l’analisi di Rene Thom riguardo la “Teoria della catastrofe”). “… Niente ci autorizza a dire che [le attuali teorie della Fisica] … possano spiegare il formarsi di una di queste possibili strutture anziché di un’altra”. Sheldrake postula che la determinazione di una struttura dipende da un campo esterno di influenza associato al processo di formazione della struttura stessa. Questo cosiddetto campo morfogenetico porta con sé il “programma”, per così dire, del processo di formazione. Sheldrake postula che tale programma si sviluppa nel campo tramite strutture precedenti formatesi sotto la guida del campo. Ciò ricorda molto da vicino il modo in cui le cellule cerebrali sono all’origine della consapevolezza individuale nel contesto (ipotizzato da >>>Goswami) della separazione tra la consapevolezza individuale e quella universale. A ogni modo, c’è una grande differenza nei due meccanismi postulati: quello ipotizzato inizialmente da Goswami (cioè la transizione dalla consapevolezza universale a quella individuale) e quello di Sheldrake. In entrambi i casi, le strutture in questione hanno proprietà classiche, donde la memoria: nel caso dei neuroni o delle cellule individuali, essa sorge dal termine non-lineare dell’equazione many-body approssimata di Schroedinger; nel caso di Sheldrake sorge dalla complessità della struttura dell’organismo. L’indeterminatezza della struttura è meccanico-quantica nel caso delle cellule, mentre nel caso degli organismi è dovuto alla natura caotica (nel senso della teoria del caos) della struttura emergente.

Comunque, tale differenza nel meccanismo del collasso non deve necessariamente essere fondamentale. Quando Goswami analizza l’Evoluzione, ascrive il campo morfogenetico alle cellule individuali, in modo tale che considerazioni meccanico-quantiche bastano a condurci all’indeterminatezza. Invece, il campo di Sheldrake prende in considerazione l’organismo intero, che è più in linea con il fenomeno morfogenetico da esso spiegato. Quindi, almeno per la morfogenesi, può essere più ragionevole postulare che il collasso non avviene al livello della cellula individuale, ma dell’organismo. L’indeterminatezza fondamentale è ancora quanto-meccanica, cioè provocata dalla sensibilità della struttura a piccoli cambiamenti delle condizioni iniziali, al livello degli atomi costituenti.

Goswami analizza due fenomeni collegati all’individuo: la consapevolezza individuale e la morfogenesi (collegata a quello che egli spesso chiama il Corpo Vitale: la consapevolezza individuale di cui il Corpo Mentale è una componente). Parleremo in seguito di un altro fenomeno da lui studiato, cioè dell’evoluzione. Per ora, vogliamo solo ricordare che la sua analisi di quest’ultima tratta soprattutto dell’evoluzione delle nuove specie e della morfogenesi durante lo sviluppo dell’embrione. Invece, nel campo morfogenetico di Sheldrake, l’influenza tra membri delle specie è studiata attraverso il fenomeno della risonanza morfica, simile alla telecinesi. Con Sheldrake, la telecinesi diventa un costrutto teorico. “Science Within Consciousness”, usando il quadro del collasso quantico simultaneo, è riuscita a spiegare questo fenomeno in modo soddisfacente. Sheldrake ha analizzato la relazione tra l’eredità classica a la risonanza morfica.Comunque, tale differenza nel meccanismo del collasso non deve necessariamente essere fondamentale. Quando Goswami analizza l’Evoluzione, ascrive il campo morfogenetico alle cellule individuali, in modo tale che considerazioni meccanico-quantiche bastano a condurci all’indeterminatezza. Invece, il campo di Sheldrake prende in considerazione l’organismo intero, che è più in linea con il fenomeno morfogenetico da esso spiegato. Quindi, almeno per la morfogenesi, può essere più ragionevole postulare che il collasso non avviene al livello della cellula individuale, ma dell’organismo. L’indeterminatezza fondamentale è ancora quanto-meccanica, cioè provocata dalla sensibilità della struttura a piccoli cambiamenti delle condizioni iniziali, al livello degli atomi costituenti. Goswami analizza due fenomeni collegati all’individuo: la consapevolezza individuale e la morfogenesi (collegata a quello che egli spesso chiama il Corpo Vitale: la consapevolezza individuale di cui il Corpo Mentale è una componente). Parleremo in seguito di un altro fenomeno da lui studiato, cioè dell’evoluzione. Per ora, vogliamo solo ricordare che la sua analisi di quest’ultima tratta soprattutto dell’evoluzione delle nuove specie e della morfogenesi durante lo sviluppo dell’embrione. Invece, nel campo morfogenetico di Sheldrake, l’influenza tra membri delle specie è studiata attraverso il fenomeno della risonanza morfica, simile alla telecinesi. Con Sheldrake, la telecinesi diventa un costrutto teorico. “Science Within Consciousness”, usando il quadro del collasso quantico simultaneo, è riuscita a spiegare questo fenomeno in modo soddisfacente. Sheldrake ha analizzato la relazione tra l’eredità classica a la risonanza morfica.

L’analisi di Sheldrake della morfogenesi non si limita a spiegare l’esistenza del campo morfogenetico; include il meccanismo attraverso cui una struttura biologica parzialmente formata (il germe morfogenetico) si collega al campo morfogenetico di una specie, che poi guida la crescita del resto della forma. Finora, nessuna indagine è stata condotta per verificare se la spiegazione quanto-meccanica del corpo vitale può venire estesa a questo fenomeno.

Il corpo vitale nei sogni
Un altro punto da analizzare riguardo il corpo vitale, a parte la sua connessione con la morfogenesi, è l’interpretazione di esso come del portatore di emozioni, come fa Goswami nella sua interpretazione dei sogni. Per la nostra mentalità, considerare il corpo vitale un portatore di morfogenesi e di emozioni lascia molto a desiderare, a meno che non si facciano ulteriori supposizioni.

Il quadro di Sheldrake sembra fornire le supposizioni richieste, a patto che siano uniformabili al quadro della meccanica quantistica. Sheldrake postula che ogni struttura trasporta il suo campo morfogenetico. Se una struttura del tipo di un organismo incorpora sub-organismi di natura diversa, il campo morfogenetico dell’organismo incorpora i campi dei sub-organismi. Ovvero, non esiste un unico campo morfogenetico: i campi degli individui sono incorporati in quelli della specie, e campi di aspetti diversi di un individuo interagiscono. La loro interazione dà origine ad altri campi. I campi formano quello che si potrebbe descrivere come un continuum. Da questo punto di vista, si può ipotizzare che quelle che chiamiamo emozioni sono determinate in parte dal corpo mentale e in parte dal corpo vitale, ovvero sono un prodotto della loro interazione.L’analisi di Sheldrake della morfogenesi non si limita a spiegare l’esistenza del campo morfogenetico; include il meccanismo attraverso cui una struttura biologica parzialmente formata (il germe morfogenetico) si collega al campo morfogenetico di una specie, che poi guida la crescita del resto della forma. Finora, nessuna indagine è stata condotta per verificare se la spiegazione quanto-meccanica del corpo vitale può venire estesa a questo fenomeno. Il corpo vitale nei sogni Un altro punto da analizzare riguardo il corpo vitale, a parte la sua connessione con la morfogenesi, è l’interpretazione di esso come del portatore di emozioni, come fa Goswami nella sua interpretazione dei sogni. Per la nostra mentalità, considerare il corpo vitale un portatore di morfogenesi e di emozioni lascia molto a desiderare, a meno che non si facciano ulteriori supposizioni. Il quadro di Sheldrake sembra fornire le supposizioni richieste, a patto che siano uniformabili al quadro della meccanica quantistica. Sheldrake postula che ogni struttura trasporta il suo campo morfogenetico. Se una struttura del tipo di un organismo incorpora sub-organismi di natura diversa, il campo morfogenetico dell’organismo incorpora i campi dei sub-organismi. Ovvero, non esiste un unico campo morfogenetico: i campi degli individui sono incorporati in quelli della specie, e campi di aspetti diversi di un individuo interagiscono. La loro interazione dà origine ad altri campi. I campi formano quello che si potrebbe descrivere come un continuum. Da questo punto di vista, si può ipotizzare che quelle che chiamiamo emozioni sono determinate in parte dal corpo mentale e in parte dal corpo vitale, ovvero sono un prodotto della loro interazione.

Goswami basa la sua interpretazione dei sogni quasi direttamente sul Vedanta, i cui concetti di consapevolezza universale e individuale sembrano sostenere le sue idee. Comunque, non sembra né necessario né desiderabile attenersi troppo fedelmente al modello del Vedanta. Quest’ultimo, dopo tutto, è solo l’inizio di una grande scienza: non possiamo aspettarci che in esso tutto sia chiaramente definito. Allo stesso modo, nessuna affermazione di “Science Within Consciousness” può essere ritenuta la risposta definitiva. Forse è meglio ritenere i cinque corpi del Vedanta un’utile approssimazione del continuum dei corpi (campi), allo stesso modo in cui parole come blu, rosso, giallo creano utili suddivisioni nello spettro ottico. Se dobbiamo prendere sul serio una concezione del genere, occorrono studi molto più approfonditi sul fenomeno del collasso (meccanico quantico o all’interno della teoria del caos). Quello che finora abbiamo delineato è solo l’abbozzo a grandi linee di un quadro generale; una teoria completa richiederà molto tempo ancora per venire alla luce. Perché ciò avvenga, un numero assai più vasto di scienziati deve cominciare a lavorare su questo quadro.

Un problema evolutivo

“Science Within Consciousness” ha cercato di usare il concetto di Consapevolezza Universale per superare alcune difficoltà incontrate dai biologi nello studio dell’evoluzione da un punto di vista neo-darwiniano. Il fenomeno dell’equilibrio punteggiato è stato studiato in modo abbastanza dettagliato. Si è notato spesso che, dopo un periodo di cambiamenti omeostatici in una specie attraverso le selezioni naturali, si forma improvvisamente una nuova specie. Questa specie non può essere spiegata come il risultato del cambiamento di alcuni geni nella specie antica: un numero molto grande di geni cambia simultaneamente. Nessuno di questi cambiamenti darebbe origine a un mutamento evolutivamente significativo. Questo fenomeno si ritiene provocato da molti cambiamenti potenziali nella struttura avvenuti nel corso di un lungo arco di tempo, fino alla comparsa di una significativa struttura potenziale, la cui consapevolezza a quel punto collassa in stato di attualità.Goswami basa la sua interpretazione dei sogni quasi direttamente sul Vedanta, i cui concetti di consapevolezza universale e individuale sembrano sostenere le sue idee. Comunque, non sembra né necessario né desiderabile attenersi troppo fedelmente al modello del Vedanta. Quest’ultimo, dopo tutto, è solo l’inizio di una grande scienza: non possiamo aspettarci che in esso tutto sia chiaramente definito. Allo stesso modo, nessuna affermazione di “Science Within Consciousness” può essere ritenuta la risposta definitiva. Forse è meglio ritenere i cinque corpi del Vedanta un’utile approssimazione del continuum dei corpi (campi), allo stesso modo in cui parole come blu, rosso, giallo creano utili suddivisioni nello spettro ottico. Se dobbiamo prendere sul serio una concezione del genere, occorrono studi molto più approfonditi sul fenomeno del collasso (meccanico quantico o all’interno della teoria del caos). Quello che finora abbiamo delineato è solo l’abbozzo a grandi linee di un quadro generale; una teoria completa richiederà molto tempo ancora per venire alla luce. Perché ciò avvenga, un numero assai più vasto di scienziati deve cominciare a lavorare su questo quadro. Un problema evolutivo “Science Within Consciousness” ha cercato di usare il concetto di Consapevolezza Universale per superare alcune difficoltà incontrate dai biologi nello studio dell’evoluzione da un punto di vista neo-darwiniano. Il fenomeno dell’equilibrio punteggiato è stato studiato in modo abbastanza dettagliato. Si è notato spesso che, dopo un periodo di cambiamenti omeostatici in una specie attraverso le selezioni naturali, si forma improvvisamente una nuova specie. Questa specie non può essere spiegata come il risultato del cambiamento di alcuni geni nella specie antica: un numero molto grande di geni cambia simultaneamente. Nessuno di questi cambiamenti darebbe origine a un mutamento evolutivamente significativo. Questo fenomeno si ritiene provocato da molti cambiamenti potenziali nella struttura avvenuti nel corso di un lungo arco di tempo, fino alla comparsa di una significativa struttura potenziale, la cui consapevolezza a quel punto collassa in stato di attualità.

Questo quadro attribuisce alla Consapevolezza una proprietà che non era tra quelle da noi usate per spiegare altri fenomeni come la consapevolezza individuale o l’origine del campo morfogenetico. Qui stiamo immaginando la Consapevolezza dotata di una specifica struttura “in mente” degna di venire attesa. Questa proprietà non concorda con il concetto vedantico dell’unità indifferenziata, che è un importante principio guida nel nostro modello. È possibile che tali punteggiature nell’equilibrio si verificano per formare molte nuove specie, alcune delle quali passano il test della selezione naturale, altre no. Ma a questo punto ci si può anche chiedere in che modo i collassi accadono solo quando una significativa combinazione di geni è disponibile in potenza. Dobbiamo forse dire che se un collasso accade prima che tutti i geni siano al loro posto, le specie corrispondenti non nascono solo perché le leggi della biologia non permettono a tali specie di esistere? O forse bisogna fare ricorso a quello sconcertante concetto del Vedanta secondo cui la Consapevolezza, essendo senza dualità, ricerca quest’ultima attraverso determinate creazioni?
Allo stato presente delle conoscenze, possiamo solo dire che esistono alcune proprietà della consapevolezza che vanno chiarite, e che allo scheletro della teoria dell’evoluzione qui abbozzata va aggiunta ancora un po’ di carne.

Fonte: Science Within Consciousness: http://www.swcp.com/~hswift/swc/Winter00/Banerji0002.htm

 

Pubblicato il Lascia un commento

Zahi Hawass risponde alle critiche sulle modalità di recupero della Statua di Ramses II

Ramses II statue at Helioipolis by Luxor Times 8

Dalla scoperta  della colossale statua di Ramses II a Mataria (Eliopoli) da una missione tedesca, le foto che circolano on-line e sui social media hanno sollevato polemiche per quanto riguarda l’utilizzo di un escavatore per estrarre i manufatti dalla terra.

Di conseguenza, l’archeologo ed ex ministro delle Antichità, Zahi Hawass ha rilasciato una dichiarazione circa la scoperta e il suo processo di trasporto:

”Souq Al-Khamis è un importante sito archeologico in cui ho personalmente iniziato i lavori di scavo e in cui abbiamo trovato i resti dei templi dei re Akhenaton, Thutmose III e Ramesse II.

L’area Mataria soffre di un problema molto grande che è che tutte le case e gli edifici moderni sono costruite sui resti di templi e a- Zahi -ntiche tombe. Inoltre, la maggior parte dei manufatti, statue o templi, si trovano sotto l’acqua della falda che va da due a quattro metri di profondità. È difficile trasferire i manufatti da sotto la falda alla superficie del terreno. In passato, avevo scoperto due tombe, una delle quali era situata sotto l’acqua del suolo.

Vorrei confermare che che tutti i manufatti e le statue che sono state trovate a Mataria,  è mai stato trovata completa. Questi stati sono stati distrutti e rotti durante l’epoca copta; questo è stato un tempo in cui i copti li consideravano come edifici pagani e templi. In conformità a ciò, li avevano chiusi, distrutto tutte le statue così come riutilizzavano i blocchi per la costruzione di chiese, case e palazzi privati. Di conseguenza, non c’è mai stata la scoperta di una statua completa a Mataria.

Ho contattato anche l’archeologo tedesco Dietrich Raue, direttore dello scavo tedesco a Mataria. Mi ha mandato un video che ha mostrato i lavori di scavo insieme alle fotografie di tutte le misure adottate durante il trasporto dei manufatti.

Vorrei anche chiarire che il processo di trasporto di qualsiasi statua di grandi dimensioni, come ad esempio la statua scoperta a Mataria, è stato assistito dai capi degli operai dalla città di Qeft. Sono addestrati al più alto livello per il trasporto di statue pesanti come per esempio il lavoro a Saqqara con la famiglia El Kereti. I lavoratori hanno trasportato varie statue e sarcofagi, alcuni dei quali del peso di 20 tonnellate. Per quanto riguarda ciò che è avvenuto durante l’Era copta, la statua scoperta a Mataria era rotta in vari pezzi.

Per quanto riguarda l’immensità della statua, confermo che apparteneva a Ramses II e non a qualsiasi altro re visto che il tempio che appartiene a questo sovrano è stato trovato nella stessa posizione. Secondo la missione due pezzi della statua: il primo è una parte della corona e il secondo è una parte del corpo della statua, che pesa 7 tonnellate. E’ diventato chiaro che la corona rappresenta un’ampia parte della testa ed è sostanzialmente composta da un bellissimo e completo orecchio destro e parte dell’occhio destro. La missione ha utilizzato un escavatore per estrarlo dalla terra e questo è stato un atto legittimo al 100% in quanto il caricatore hoeback viene utilizzato in tutte le aree archeologiche.

Ramses II statue at Helioipolis by Luxor Times 7

Il capo della missione, Dietrich Raue, mi ha assicurato che il processo di sollevamento della parte della testa è stato eseguito in condizioni di estrema professionalità e la statua non ha subito nessun danneggiamento, ma le lesioni al viso erano avvenutee in epoca copta . E così, questo piccolo pezzo è stato spostato facilmente, ma il resto della statua, si trova ancora sul sito. Sarà trasferito Lunedi prossimo anche con una gru perché non vi è alcuna altra possibilità dal momento che è al di sotto della falda acquifera. Il pezzo sarà supportato da un pannello di legno come è stato fatto con parte della testa.

Se non viene trasportato in questo modo, allora non sarà mai recuperata. Questo è il metodo utilizzato in tutti i paesi del mondo, al fine di spostare tutti i manufatti archeologici di queste dimensioni, situati a due metri di profondità sotto l’acqua sotterranea. Pertanto, vi assicuro che quello che è stato fatto dalla missione è stato un lavoro scientifico integrato nel salvare la statua. Sono molto felice con il trasporto di questa statua e la sua scoperta, perché ha generato grande pubblicità davanti al mondo intero. Dr. Zahi Hawass ”

L’Egitto ha avuto la fortuna di aver assistito a due importanti scoperte archeologiche solo questa ultima settimana, una delle quali è stata condotta dal Dott Hourig Sourouzian a Luxor e l’altra quella di questa colossale seppur frammentata Statua del re Ramses II.

Sara Ahmed

http://luxortimesmagazine.blogspot.it/2017/03/zahi-hawass-fires-back-at-criticism-of.html

Pubblicato il Lascia un commento

Il “Manoscritto di Voynich”, il libro più misterioso del mondo.”

COPE1 1006194

“Il “Manoscritto di Voynich”, il libro più misterioso del mondo.” Così lo definisce Paolo Cortesi, scrittore, bibliotecario e saggista che si occupa da anni di filosofia e di storia. E non c’è una definizione più indovinata di questa. Ci sono dei testi antichi come “Il Libro di Thot”, “Le Stanze di Dzyan”, “Il Manoscritto di Mathers”, la stessa “Bibbia” di cui ne conosciamo il contenuto nei dettagli. Ma del “Manoscritto di Voynich” siamo in alto mare. Come vedremo, fino dalla sua comparsa per opera di John Dee, è stata un’incognita totale. E questo ha dato luogo a tante interpretazioni diverse che cadono nell’assurdo e nel fantastico, che hanno portato solo confusione, spaccature e misteri. La conseguenza di queste diatribe che sono durate secoli, è che hanno condannato questo piccolo manoscritto ad una fine ingloriosa: sei un falso! Cioè una invenzione totale, sia della scrittura che sarebbe senza senso e dei disegni.

Ho iniziato ad analizzare il “Manoscritto di Voynich” spinto dalla curiosità, considerandolo prima di tutto un “prodotto” umano, fatto da uomini per altri uomini. Ho lasciato da parte l’immaginazione ed allargato il campo di ricerca nel mondo medioevale e tardo-rinascimentale, rintracciando quella “sapienza” che è stata volutamente persa nei secoli. Non ho quindi relegato questo manoscritto nelle scappatoie del mistero, che è, purtroppo, un terreno fangoso da cui difficilmente si riesce a scappare. Non mi piace parlare di “Mistero” nel senso stretto della parola, cioè come fosse un limite, perché non ci permette di andare “oltre” ed è come un alibi per nascondere il sapere e neppure del termine “Falso”, che presupporrebbe che ci sia stato un originale da contraffare.Quando ci troviamo di fronte a qualcosa di sconosciuto, le reazioni possono essere diverse. Molti si nascondono dietro alle pareti dell’arcano, delle magie, dei ripieghi più strani. Ma non è sempre così: c’è una logica dietro ad ogni cosa, anche se l’ignoto è parte integrante della vita dell’uomo.

COPE 1006101

Capita che, certe volte, trasciniamo la nostra mente in una spirale irreversibile posta sotto la cupola del mistero e tentiamo di trovare in lungo e in largo quelle spiegazioni che poi stanno sotto i nostri occhi. In realtà la maggior parte delle cose più inquietanti ha come risvolto una risposta semplice. Le nostre informazioni sulle origini del mondo sono ferocemente limitate, a causa della mancanza di una documentazione scritta. Lo scrittore francese René Etiemble (1909–2002) scrive a questo proposito: “Gli uomini nascono e muoiono da milioni di anni, ma scrivono solo da seimila anni.” Sì, da seimila anni usufruiamo della scrittura per “fissare” la memoria degli uomini. Un esempio: i Sumeri che hanno utilizzato delle tavolette di argilla come supporto per i loro caratteri cuneiformi. In seguito le civiltà successive hanno perfezionato il materiale su cui scrivere; dai papiri siamo passati ad usare le pelli di animali che ci hanno permesso di creare i primi libri, in modo tale che il grande patrimonio culturale e storico delle epoche lontane arrivasse fino a noi: un immenso sapere che le antiche civiltà, oggi scomparse, ci hanno lasciato.

COPE 1006209 elaborata

Grazie alla loro lungimiranza, gran parte delle tradizioni che una volta si tramandavano oralmente sono giunte fino ai giorni nostri, nonostante che questo patrimonio storico dell’umanità sia stato depauperato nei secoli passati. Come è successo nell’incendio della Biblioteca di Alessandria, dove sono stati bruciati ben 700.000 volumi prima per mano dei Romani, nel 45 a.c., poi da parte dei musulmani nel 642 d.c. Anche durante il Medioevo è proseguita la distruzione dei libri non in linea con il pensiero religioso. Comunque, le fiamme dei roghi non sono riuscite a bruciare totalmente l’antica memoria storica. A proposito di questa consuetudine, al Museo del Prado a Madrid si trova un quadro significativo di Pedro Berreguete (1450–1504), raffigurante “Un rogo di libri alla presenza di San Domenico”. Nella tela vediamo che alcuni libri sono gettati nei carboni accesi davanti al monaco. Vuole la leggenda che i volumi presunti eretici e fuori dall’ottica del pensiero canonico prendessero fuoco, mentre i testi veramente sacri, ispirati dalla fede, fossero respinti dalle fiamme e sollevati in aria lontano dalla graticola.

COPE2 1006194

Il Medioevo era ancora “una terra di antica sapienza” e la creazione della Nuova Accademia Platonica, voluta da Marsilio Ficino e da Giovanni Pico della Mirandola, che rivalutava il platonismo fino allora messo in disparte, ne è un esempio concreto. Al di fuori di poche isole felici, gli studiosi erano costretti a nascondere un’antica conoscenza che risaliva alla notte dei tempi, scrivendo testi ermetici in modo che solo poche persone potessero comprenderne il contenuto. Questi testi riuscirono ad evitare i fuochi dei frati inquisitori, dove le fiamme erano usate per sopprimere una visione scientifica non coerente con i dettami della religione e delle Sacre Scritture. Per fortuna, scampa così, dalle orge dei falò, questo piccolo manoscritto che faceva parte sicuramente della biblioteca di una setta d’iniziati, forse perché dimenticato; forse perché nessuno sapeva quale fosse il significato del suo contenuto; forse perché è stato il destino che ha voluto che si salvasse.

Tratto da: VOYNICH UN FALSO? NO, GRAZIE! di Fabio Fornaciari – Harmakis Edizioni

Pubblicato il Lascia un commento

Antichi Testi Geroglifici Egizi testi tradotti in inglese per la prima volta

1728

Testi geroglifici dell’antico Egitto sono stati pubblicati in inglese per la prima volta in un libro da un accademico di Cambridge che ha tradotto testi antichi trovati sui papirio incisi. Il libro è stato pubblicato dalla casa editrice Penguin Classics, che l’ha descritta come una “pubblicazione innovativa.”

Parlando al The Guardian, Toby Wilkinson, l’accademico che ha scritto il libro, ha detto che ha iniziato a lavorare sugli antichi testi egizi perché “c’era una dimensione mancante nel mondo Egizio.”

Perché geroglifici dipendono da immagini e simboli, e pochissimi esperti e specialisti sono stati in grado di leggerli, questa scrittura è rimastala inaccessibile per quasi 3500 e in gran parte trascurata.

“Quello che vi sorprenderà sono le intuizioni dietro la facciata ben nota dell’Egitto,  l’immagine che ognuno ha dei faraoni, la maschera di Tutankhamon e le piramidi”, Wilkinson ha detto al Guardian, che gli antichi scritti sono stati a lungo considerati come “una mera decorazione” o “artefatti” piuttosto che testi.

Il compito è stato impegnativo per l’autore, che ha sottolineato che la ricca lingua Egiziana non è facile da esprimere in Inglese.

“Prendiamo, ad esempio, le parole ‘aa’ e ‘wer’, convenzionalmente tradotte come ‘grande’. Gli egiziani sembrano aver capito una distinzione, quindi un dio è spesso descritto con ‘aa’, ma raramente come ‘wer’, ma è al di là della nostra portata “, ha spiegato Wilkinson.

Il libro raccoglie testi  letterari, come “Il racconto del naufrago” che racconta la storia di un’isola magica, le lettere che risalgono al 1930 a.C. e le iscrizioni ufficiali che registrano una “tempesta catastrofica”.

“Ero qui con i miei fratelli ei miei figli … abbiamo totalizzato 75 serpenti … Poi una stella cadde e furono consumati dalle fiamme … Se invece sei coraggioso e il tuo cuore è forte, abbraccerai i tuoi figli, bacerai tua moglie e veedrai la tua casa”, il racconto recita.

Pubblicato il Lascia un commento

L’Arca dell’Alleanza si trova in Etiopia?

aksum

I monaci che vivono nella piccola chiesa di Santa Maria di Sion – nota anche come la “cappella dell’Arca” -, nella città sacra etiope di Aksum, non hanno il permesso di superare le barriere che circondano la cappella.

Non possono abbandonare il compito che è stato loro affidato: vegliare sul “Tabot”, come sono note in Etiopia le Tavole della Legge, fino alla loro morte.

Abba Gebre Meskel, 56 anni, lo fa da trent’anni.

Archeologia e leggenda

Secondo il libro dell’Esodo, le Tavole della Legge contengono i dieci comandamenti che Dio ha dato a Mosè sul Monte Sinai. Alcuni fanno risalire l’evento al 1440 a.C..

Le leggende apocrife, parte del patrimonio e della tradizione comune in Nordafrica e in alcune regioni del Medio Oriente, attribuiscono poteri soprannaturali alle Tavole. Intorno a queste leggende se ne sono intrecciate delle altre, inclusa la presunta ossessione nazista per l’occultismo e le reliquie che avrebbe dato a Indiana Jones una delle sue missioni più famose.

La verità, però, è che dopo la distruzione del Tempio di Salomone a Gerusalemme nessuno sa con certezza dove sia finita l’Arca dell’Alleanza. Dopo essere scomparsa senza lasciare traccia – e senza alcuna registrazione conosciuta relativa alla sua ubicazione (assumendo che sia sopravvissuta alla distruzione del Tempio) –, è ancora uno dei più grandi misteri dell’archeologia.

Quasi 45 milioni di cristiani ortodossi etiopi sono tuttavia sicuri che l’Arca dell’Alleanza sia stata portata quasi 3.000 anni fa ad Aksum, nel nord dell’Etiopia, e che da allora sia stata custodita dai monaci nell’umile chiesa di Santa Maria di Sion.

Menelik, il figlio di Salomone

Secondo la tradizione copta, la regina di Saba e il re Salomone avevano un figlio, Menelik I. Fondatore di una dinastia di imperatori salomonici che ha governato l’Etiopia, sarebbe stato incaricato di spostare la preziosa cassa, in oro e legno di acacia.

In un’intervista rilasciata al National Geographic, il diacono del tempio, Zemikael Brhane, ha affermato che “Dio stesso ha scelto questa terra, e Aksum è la nostra città più santa. Gli occidentali richiedono sempre prove visibili, ma noi etiopi non abbiamo bisogno di vedere l’Arca per sapere che è qui. Lo sentiamo, lo sappiamo”.

Chi può entrare nella chiesa?

Nessuno al di là dei monaci guardiani ha il permesso di entrare nella chiesa. Uno dei pochi a cui sia mai stato permesso di parlare ai monaci è lo storico Ephrem Brhane, che si è dedicato a guidare pellegrini, fedeli e turisti di tutto il mondo ad Aksum e riferisce che “Abba Gebre Meskel è convinto al 100% che si tratti dell’Arca autentica. Non solo ha la forma esatta descritta nella Bibbia, ma brilla anche di una luce straordinaria”.

02_arca

Si può vedere l’Arca?

Per sette giorni al mese, prima del sorgere del sole, i monaci di Santa Maria di Sion portano una copia dell’Arca in processione. Ogni chiesa ortodossa in Etiopia ha una copia dell’Arca.

In genere, ogni mese assiste alla processione quasi un migliaio di fedeli.

La vecchia cappella di Nostra Signora di Sion sembra aver compiuto il suo dovere: varie crepe nel tetto hanno costretto i monaci ad avviare la costruzione di un nuovo tempio accanto a quello attuale, nel quali i monaci porteranno l’Arca nel massimo segreto.

Nessuno saprà che l’Arca è stata spostata un’altra volta, nel nuovo tempio, fino al giorno dopo l’accaduto.

Pubblicato il Lascia un commento

Il Ministero delle Antichità lancia la prima mostra permanente delle repliche

Screen-Shot-2016-07-16-at-3.25.56-PM

Per superare il calo dei ricavi del turismo, il Ministero delle Antichità ha lanciato la sua prima mostra delle repliche di alta qualità. L’apertura della mostra al Museo Egizio di Tahrir Square, il 14 luglio ha visto presenti molti ambasciatori e consiglieri culturali di un certo numero paesi africani, asiatici e europei. Uno dei punti forti di questa mostra è una rara collezione di papiri del re Cheope che è stata scoperta due anni fa, ma è stato solo ora presentata al pubblico.

“L’obiettivo di questo progetto è quello di creare risorse finanziarie alternative per sostituire ril calo di ricavi del settore del turismo, che sono scesi a meno di 250 milioni ai 1,25 mliardi di EGP prima della rivoluzione del 25 gennaio”, ha detto il supervisore per l’amministrazione e la pubblicazione scientifica presso il Ministero delle Antichità Hussein Abdel Baseer.

Secondo gli ultimi rdati dell’Agenzia centrale per la Pubblica Mobilitazione e Statistica (CAPMAS), il numero di turisti è diminuito da 834,600 turisti nel marzo 2015  a 440.700 del marzo 2016.

“Questo passo sarà anche quello di contribuire ad aumentare la consapevolezza della gente dell’ archeologia Egiziana e le antichità uniche che sono esposte nei nostri musei. Avevamo aperto un negozio di souvenir con alcune repliche dei monumenti originali, ma ha chiuso dopo l’attacco al Museo Egizio il 28 gennaio 2011 “, ha aggiunto.

Il centro di rinascita dell’arte Egiziana e l’unità di produzione delle repliche hanno lavorato per la fornitura di un gran numero di repliche di alta qualità per molti anni, come ad esempio la copia dell’antica collezione trovata nella tomba di Tutankhamon. Il ministero ha pubblicato anche un gran numero di pubblicazioni archeologiche dal 2011 che saranno vendute a prezzi ragionevoli in fiera.

“A differenza di altri ministeri, il Ministero delle Antichità si basa sull’ auto-finanziamento. Questo include i profitti dalla vendita dei biglietti e libri nei musei e caffè dei siti archeologici. Sotto la supervisione del ministro, Khaled El-Anany, stiamo cercando di elaborare idee innovative, al fine di finanziare le nostre diverse istituzioni “, ha detto Abdel Baseer.

Il primo giorno della mostra è stato un incredibile successo. “La mostra è già riuscita ad attirare un gran numero di persone perché vende i pezzi a a prezzi competitivi, ragionevoli rispetto ai negozi privati ​​che si trovano in Khan el-Khalili,” ha detto.

Dal 14 luglio al 29 agosto la mostra permanente offrirà un ulteriore sconto del 20% su tutte le repliche.

Questo non è solo il progetto del Ministero per l’aumento dei ricavi del turismo in Egitto. “Abbiamo intenzione di tenere più esposizioni internazionali per mettere in mostra le antichità originali in Giappone e in Inghilterra. Abbiamo anche altri piani per rinnovare i bar e ristoranti della zona piramidi e aprire nuovi negozi e cinema nel museo della civiltà “, ha detto.

Screen-Shot-2016-07-16-at-3.23.55-PM1

Una foto, presa dal porta posteriore del museo, mostra una serie di repliche d’oro sul retro di un camion, che ha sollevato ondate di rabbia e malcontento tra gli utenti dei social media che hanno accusato il ministero di “maltrattare i pezzi originali”. Per chiarire l’equivoco, la pagina ufficiale di Facebook del ministero ha postato la foto con una dichiarazione spiegando che ciò che è stato visto erano le repliche.

In questo post, il capo della Sezione Musei presso il Ministero delle Antichità, Elham Salah, ha descritto l’incidente come “meraviglioso”, perché mostra l’efficace lavoro svolto da entrambe le unità di replica. Ha detto che questo dimostra che i moderni artisti Egiziani hanno ereditato le capacità artistiche dei loro antenati.

Esporre i papiri di Re Cheope sarebbe una grande aggiunta al Museo Egizio. Essi sono stati scoperti nella zona di Al-Garf nel 2013 da una missione Egiziana che aveva lavorato lì dal 2011.

“Questi papiri sono una grande scoperta, come documentano gli incidenti di vita quotidiana dei lavoratori che stavano costruendo la grande piramide. Questo prova anche che gli Egiziani sono i gli originali creatori delle piramidi, a differenza delle affermazioni di alcuni storici “, ha spiegato Abdel Baseer.

Più di 20.000 lavoratori hanno partecipato nella costruzione di questa piramide. Questa scoperta dimostra che le piramidi Egiziane non sono solo un miracolo architettonico, ma anche un grande impresa amministrativa. Questi rari pezzi saranno utilizzati per la promozione del turismo e attrarre più archeologi in Egitto.

Un altro obiettivo principale del ministero è quello di promuovere il turismo domestico, sollecitando gli Egiziani a visitare i musei. “Non abbiamo bisogno di dipendere esclusivamente dai turisti stranieri. Catturare l’attenzione dei turisti Egiziani e Arabi contribuirà anche a rilanciare il settore del turismo per un po ‘ “, ha concluso.

Rana Khaled

Fonte: Daily News Egypt

Pubblicato il Lascia un commento

La legge esoterica del Tre, fra mistica ebraica, esoterismo vedico ed alchimia.

Uno studio attento delle scienze esoteriche ci permette di collegare tradizioni lontane solo in apparenza, ma che rimandano ad un’unica, atemporale, conoscenza. La legge del tre, enunciata in occidente in modo più divulgativo da Gurdjieff, fu così descritta: “Ogni cosa nel mondo, tutte le manifestazioni di energia, tutti i tipi di azione, sia nel mondo che nell’attività umana, sia interni che esterni, sono sempre manifestazioni delle tre forze che esistono in natura. Queste forze sono chiamate: attiva, passiva e neutralizzante…”

  Ma per comprendere più in profondità tale legge occorre chiarire il concetto di multi-dimensionalità.  Le varie tradizioni spirituali hanno affermato l’esistenza di altre dimensioni oltre quella  materiale. Oggi la teoria scientifica delle Stringhe lo conferma.  Secondo tale studio (perfettamente strutturato matematicamente) esistono almeno dieci dimensioni, oltre le quattro comunemente studiate dalla fisica. Ciò coincide perfettamente con la visione della scienza cabalistica delle dieci Sephirot, come dieci livelli di manifestazione dimensionale del divino nella materia:

sfirot

  Le dieci Sephirot, qui collegate ai centri energetici dei Chakra, non sono soltanto dei piani di esistenza fisica, ma simboleggiano qualità, virtù, stati di coscienza, che l’essere umano deve raggiungere, per elevarsi spiritualmente. In termini fisici si tratta di aumentare la propria frequenza vibrazionale, portando ogni aspetto di sé ad un completo servizio della luce divina, massima vibrazione. Tale vibrazione aumenta velocemente mediante la Bhakti, l’amore verso Dio. Guardiamo meglio queste dimensioni, per paragonarle poi alla tesi scientifica delle Stringhe. L’uomo incarcerato nel proprio falso ego vive al livello dei tre chakra inferiori, che corrispondono alle quattro sephirot più basse; chi non riesce ad andare oltre queste vibrazioni ancora meccaniche ed istintive non può che percepire solo le quattro dimensioni classiche del mondo materiale. Chi riesce a portare il proprio stato di coscienza oltre l’animalità inizia a percepire altre dimensioni.  Le Sephirot in basso sono qui rappresentate:

sfirot1

  Nella Scienza Sacra della Kabbala ritroviamo una sintesi perfetta dell’intero sapere esoterico, comprendente astrologia, alchimia e psicologia sacra. Da un punto di vista fisico Malkut corrisponde alla dimensione Tempo (“Il tempo è il mio territorio” diceva Goethe) e l’uomo vive una dimensione materiale grazie al tempo. Mentre  Netzach, Iesod e Hod rappresentano le tre dimensioni spaziali: altezza, larghezza e profondità:

Sephirot Psicologia esoterica

e Kabbalistica

Guna (condizionamento materiale) Dimensione spaziale Lavoro alchemico
Netzach La Vittoria

(A questa dimensione è associata Venere, l’amore materiale, distorsione di Prema, amore puro)

Rajas (Passione)

Altezza

(La Vittoria è un salire verso l’alto; come la Passione può trascinare verso il basso,  l’Amore può portare fino all’altezza suprema: Dio)

Lussuria da trasformare in Amore

(fase Rubedo)

Iesod Il Fondamento

(A questa dimensione è associata la vita organica, ripetitiva e gestita dagli istinti)

Tamas (Ignoranza) Larghezza

(Il Fondamento è la Base, la lunghezza su cui si costruisce ogni cosa. Può degenerare nella staticità piatta della palude o diventare Servizio continuo, come una retta infinita)

Pigrizia

da trasformare in Servizio

(fase Nigredo)

Hod La Gloria

(A questa dimensione è associata l’intelligenza, il Logos)

Satva

(Virtù)

Profondità

(L’intelligenza, che scava ogni fenomeno in profondità, può diventare ipocrisia o glorificazione di Dio)

Ipocrisia da trasformare in Verità Spirituale  (fase Albedo)

In realtà la Scienza delle Sephirot è inesauribile, ma questo schema può essere di grande aiuto per iniziare il lavoro su sé stessi. L’essere umano si trova prima di tutto a fare i conti con la sfera di Malkut, il Regno opaco della materia con tutte le sue leggi limitanti; cosa fare? Prima di tutto occorre svolgere il proprio dovere (come suggerisce Sri Krishna ad Arjuna nel secondo Capitolo della BhagavadGītā ); assumendo  le responsabilità del nostro Dharma purifichiamo noi stessi e ciò che ci circonda; colui che non compie i propri doveri quotidiani come potrà lavorare sulle tre Sephirot successive? Come potrà trasformare la lussuria in amore, la pigrizia in servizio e l’ipocrisia in verità? Abbiamo tutti un grande compito da svolgere, come ha detto il Maestro Aïvanhov: “Un giorno l’universo tornerà ad essere luce e rientrerà nel suo stato primordiale di purezza e trasparenza. […] La materia è altrettanto sacra, altrettanto santa quanto lo spirito, perché figlia dello spirito.” Si tratta di fare una grande opera vibrazionale, su sé stessi e sulla propria realtà, solo così l’opacità della materia recupererà la trasparenza dello spirito. Come possiamo accelerare tale processo?

Lavorando con la Sephirot successiva, che corrisponde al chakra del cuore: Tiferet, il Sole, la Bellezza Suprema. Non a caso il neoplatonismo indicava nella contemplazione della bellezza una via maestra per elevare l’anima al divino. La Bellezza suprema coincide con il Bene e la bontà suprema, ecco il grande nesso tra Etica ed Estetica che l’umanità ha smarrito; non ci si può stupire che una società che coltiva brutture e orrori degeneri anche eticamente…Ecco il ruolo santo dell’artista, colui che può far agire la potenza vibrazionale di Tiferet sul mondo. Per fare ciò l’artista stesso deve lavorare sulle sfere più basse, purificandosi in modo tale da poter ricevere le forme assolute della Bellezza. Così hanno fatto uomini come Leonardo, Raffaello, Goethe, Bruckner, Mahler e tanti altri…I tre Guna nell’esoterismo vedico riassumono tutti i livelli di condizionamento materiale a cui la coscienza è soggetta. La scienza dei Guna proprio perché indica le nostre catene ci indica anche il modo per spezzarle. In realtà nella nostra caduta libera siamo in possesso di un formidabile paracadute, il paracadute della conoscenza vedica, ma bisogna essere consapevoli dell’esistenza di questo paracadute per poterlo azionare. Ma qui sorge un antichissimo problema filosofico: come conciliare il forte determinismo dei guna col libero arbitrio? Per rispondere a questa domanda dobbiamo prima analizzare in modo corretto ognuno dei tre guna. Krishna inizia dicendo:

    sattvam rajas tama iti / gunāh prakrti-sambhavāh / nibadhnanti mahā-bāho / dehe dehinam avyayam.  ( Cap. 14, verso 5)

    Sattva, Rajas e Tamas sono i tre guna, i tre legami prodotti dalla natura materiale; [Arjuna] dalle braccia potenti, essi condizionano la coscienza dell’essere vivente eterno quando assume un corpo.

   Krishna ci informa subito dicendo che l’essere vivente, l’anima, l’energia di pura coscienza, in realtà è incondizionato nella sua natura eterna, ma nell’assumere un corpo l’essere è come costretto a subire il giogo di queste tre influenze. Ogni guna può essere paragonato ad una macro-struttura, ad una dimensione fondamentale dell’energia materiale, così come lo spazio stesso è strutturato secondo tre dimensioni (che corrispondono in realtà, come vedremo, ad  ognuno dei tre guna). Una volta immersi nello spazio, a causa dell’identificazione col corpo, non possiamo che muoverci in lunghezza, in altezza o in profondità; muoversi in altre direzioni o dimensioni significherebbe trascendere la natura dello spazio materiale; analogamente una volta immersa nella mente materiale

la nostra coscienza potrà muoversi secondo le strutture del Sattva, del Rajas e del Tamas. Vediamo queste strutture in dettaglio:

   tatra sattvam nirmalatvāt / prakāsakam anāmayam / sukha-sangena badhnāti / jñāna-sangena cānagha.  (cap. 14, verso 6)

   Il Sattva, essendo il più puro, illumina e purifica l’anima da ogni impurità; esso condiziona la coscienza legandola al benessere e alla conoscenza, o [Arjuna] senza-peccato.

    Chi vuole svegliarsi durante un magnifico sogno? Nel Sattvaguna la nostra coscienza è legata all’illusione materiale in modo armonioso,  il benessere interiore ed esteriore proseguono di pari passo e le felicità sembra essere qualcosa di concreto…La conoscenza è un nostro possesso naturale e senza sforzo la nostra mente riesce a cogliere verità sempre più elevate. Ecco perché il Sattva  è una dimensione preziosa e pericolosa nello stesso tempo, in tale stato l’illusione non provoca il dolore che analizzeremo nei guna successivi; molti restano legati a questo guna per molte vite, senza rendersi conto che si tratta di una gabbia d’oro, una superba illusione che incatena la nostra coscienza alle quattro sofferenze fondamentali: nascita, malattia, vecchiaia e morte. Ma un uso corretto del Sattva è la benedizione più grande, poiché solo in questa dimensione la mente può iniziare a comprendere le verità superiori e i metodi per realizzare la vera felicità, dove non esiste alcuna sofferenza. Ecco perché le persone sattviche dovrebbero ricercare un maestro spirituale per non sprecare inutilmente il guna più adatto al percorso interiore. E di solito queste persone sono alla ricerca del Maestro e lo cercano nei libri, nelle tradizioni, nella scienza, nella filosofia…Ma senza la guida adatta anche loro rischiano di perdere questa dimensione di serenità e benessere relativo. Ma coloro che hanno compreso la conoscenza vedica sanno come utilizzare questo guna. Esso è come una piattaforma che può essere usata per attraversare l’oceano della sofferenza e del ciclo di nascita e morte, il Sattva è una zattera ideale…

Abbiamo visto che il guru è colui che ci guida in questa navigazione, ma ora dobbiamo comprendere come sviluppare sempre più il Sattva, dato che ci troviamo in un periodo storico dell’umanità dove non predomina questo guna. Anche in altri testi vedici Krishna consiglia di coltivare questo guna, poiché è l’unico dal quale possiamo trascendere ogni condizionamento materiale. Perché? Perché esso ci consegna due chiavi importanti per aprire la porta del cammino dello yoga: il benessere e la conoscenza. Come si può svolgere qualsiasi compito quando la nostra mente è immersa nel dolore? Come meditare su Dio quando un atroce mal di denti ci attanaglia?  Il saggio autentico usa subito la propria salute fisica e mentale per concentrarsi sulla pratica interiore e non per andare alle Bahamas…L’altra chiave è la conoscenza. Ma davvero sattvica è la conoscenza che ci parla della trascendenza; come ogni aspetto materiale anche la conoscenza è influenzata dai tre guna. I testi vedici ci offrono questa conoscenza, ma se la nostra mente è poco sattvica comprenderà ben poco di queste leggi…La Bhagavad-Gītā ci indica come coltivare il Sattvaguna:

“ L’azione dettata dal dovere e compiuta senza attaccamento, senza attrazione e repulsione, e senza desiderio per i frutti che ne derivano, è influenzata dal Sattva. […] chi compie il proprio dovere…con grande determinazione ed entusiasmo, impassibile nel successo o nel fallimento, è una persona situata nel Sattva. […] Anche il cibo preferito da ogni persona appartiene a tre categorie che corrispondono alle tre influenze della natura materiale. […] I cibi graditi a coloro che sono situati nel Sattva accrescono la durata della vita, purificano l’esistenza e danno forza, salute, felicità e soddisfazione. Questi alimenti sono succosi, grassi, sani e graditi al cuore.”

Dobbiamo esaminare due aspetti: l’azione e il cibo. Ciò che manifestiamo e ciò che accogliamo determina il guna che ci influenzerà maggiormente. Se ci accorgiamo di non compiere le nostre azioni nella modalità indicata dalla Bhagavad-Gītā allora il Sattva è poco presente; ma come è possibile modificare le nostre azioni se sono proprio influenzate da altri guna? Abbiamo due possibilità: cercare la compagnia di persone sattviche o sforzarci di agire in modo diverso, diventando consapevoli delle nostre azioni meccaniche. Ogni tipo di yoga si basa su uno sforzo cosciente. Perché, altrimenti, Krishna starebbe trasmettendo questo sapere esoterico? Se non avessimo la possibilità di osservarci e di correggerci la conoscenza non avrebbe alcun valore. Vivere secondo questo sforzo viene indicato in sanscrito col termine Sadhana. Chi ha voglia di alzarsi alle tre del mattino per fare una doccia, recitare dei mantra e leggere la  Bhagavad-Gītā? Eppure quante persone fanno sforzi ancora più grandi per poter godere di piaceri effimeri o per denaro? Qui si inserisce il tema del libero arbitrio. Una volta ricevuta la conoscenza esoterica la coscienza può scegliere; già il semplice fatto di leggere o ascoltare questa conoscenza purifica la nostra coscienza, mettendola in grado di scegliere. Anche se siamo costantemente sotto l’influenza dei tre guna ad ogni istante la nostra natura trascendente si può manifestare. Come scriveva giustamente Schopenhauer (che aveva ben meditato sulla Bhagavad-Gītā):

“  La libertà dunque non è eliminata dal mio discorso, ma soltanto spostata, cioè portata dal territorio delle singole azioni, dove sappiamo che non la si può incontrare, più in alto, in una regione superiore, ma non facilmente accessibile alla nostra conoscenza, il che vuol dire che è trascendentale.”  Schopenhauer aveva compreso, anche grazie allo studio dei testi vedici, che la coscienza, l’essere-in-sé, ciò che è supera il mondo fenomenico, è libero, incondizionato; ma questa libertà si esprime nel mondo fenomenico attraverso il desiderio, che il filosofo chiamava Volontà. Il nostro desiderio è sempre libero ed è in base ad esso che la scintilla d’energia, la Jiva, si è ritrovata a dover seguire gli ordini dei guna. Ma nell’istante in cui il desiderio dell’anima cambia direzione anche i guna iniziano a trasformarsi. Certo, il mutamento dipende dal livello di coscienza della persona e dall’intensità del desiderio. Può esserci un cambiamento radicale o graduale. La storia di ogni essere umano ci mostra tanti esempi di questi mutamenti. In ambito religioso, e non solo, si parla di conversione. William James ha notato in proposito:

“ Le conversioni, sia politiche o scientifiche o filosofiche o religiose, sono uno degli altri modi coi quali le energie prigioniere vengono messe in libertà.  Esse unificano e mettono un termine ad antiche interferenze mentali. Il risultato è la libertà…”  Questo accade proprio perché vi è una irruzione di un’energia libera in una dimensione determinata, fenomenica. Abbiamo già visto che questa energia è l’anima stessa, la Jivashakti, la vera fonte della nostra coscienza, ciò che noi siamo realmente e ontologicamente. La coscienza (sempre libera però immersa nel sogno dei guna) si manifesta attraverso la mente nel cervello e modifica la direzione che il guna predominante stava svolgendo. Ormai vi sono nuovi studi e nuovi paradigmi scientifici che dimostrano l’esistenza di una coscienza autonoma rispetto alla materialità del cervello. Gli studi del premio Nobel  Sir John Eccles, sulle sinapsi, hanno portato a queste conclusioni scientifiche: “L’ipotesi interazionistica ecclesiana si fonda sul concetto secondo cui tutti gli eventi mentali e le esperienze rappresentano combinazioni di eventi mentali unitari chiamati psiconi. […] L’interazione reciproca tra mente e cervello sarebbe dunque caratterizzata da un’interazione che si svolge in modo unitario tra uno psicone ed un dendrone che gli corrisponde. […] Secondo Eccles, gli psiconi avrebbero vita autonoma in un loro mondo: il mondo degli psiconi, cioè il mondo dell’Io.”

  Uno dei massimi fisici del mondo, Roger Penrose, ritiene che la coscienza non sia riducibile a dei semplici meccanismi elettrici e chimici del cervello; del resto non vi è alcuna prova del fatto che la coscienza sia prodotta dal cervello; cervello e coscienza sono semplicemente concomitanti, come lo sono un’orchestra sinfonica che suona a Parigi e una radio che ne sta trasmettendo il concerto. È per pura ideologia che certi studiosi continuano a credere che la coscienza e l’Io siano dei prodotti della materia; in realtà  altri studi scientifici  affermano:  “I tentativi di riprodurre il tutto artificialmente servendosi dei mezzi classici non hanno mai funzionato. C’è voluto del tempo per risolvere il rompicapo: le proteine approfittano direttamente degli effetti quantistici per compiere attività che risulterebbero altrimenti assolutamente impossibili. In particolare, le proteine si avvantaggiano dell’effetto tunnel.” Inoltre: “Penrose e Hameroff ci dicono che l’origine della coscienza non è nel cervello ma in un ‘mondo assoluto’ come la schiuma quantistica sulla scala di Planck. Non ci sono arrivati facendo speculazioni astratte avulse dal contesto della realtà, ma semplicemente analizzando le funzioni specifiche del cervello e riuscendo a trovare una caratteristica  strutturale – il microtubulo – che trasforma il cervello in una centralina in grado di connettersi con…il mondo delle idee.”  In sostanza la nostra coscienza è libera ma deve avvenire uno sforzo, una sorta di shok perché essa possa intervenire a livello quantistico e modificare i nostri determinismi mentali. È qui che la psicologia è ancora del tutto insoddisfacente e dogmatica; come può la psicologia essere di reale aiuto all’essere umano se non comprende che la coscienza non è il cervello?

Solo grazie a questa comprensione è possibile poi operare sulle relazioni tra mente e cervello. Una coscienza risvegliata dalla conoscenza vedica può decidere se modificare la mente verso il Sattva; ma la modalità che aiuta molto ad acquisire il Sattva è la compagnia di persone sattviche; la nostra mente è influenzabile sotto diversi aspetti, ma è soprattutto l’aspetto sociale che determina la struttura mentale dell’individuo; su questo punto moltissimi studi psicologici e sociologici dimostrano questa verità. Se analizziamo le storie delle grandi conversioni ritroviamo sempre  questi due elementi: l’incontro con una conoscenza superiore o con persone che si trovano ad un livello di coscienza superiore, o entrambe le cose.  Passiamo ora ad un argomento molto importante, purtroppo sottovalutato dalla psicologia odierna, il cibo. In realtà nella cultura vedica viene considerato alimento tutto ciò che entra a contatto con i nostri sensi. Quindi non è cibo solo ciò che ingeriamo, ma anche ciò che vediamo, ciò che ascoltiamo, ciò che tocchiamo e ciò che odoriamo. La visione e l’ascolto sono le due fonti più rilevanti, poiché la mente è molto influenzata dalle immagini e dai suoni.

Quindi quando Krishna tratta di cibi Sattvici fa sì riferimento a ciò che viene cucinato e poi ingerito, ma si riferisce anche a immagini e suoni sattvici. Dato che il cibo solido e liquido viene assunto più di una volta al giorno e tutti i giorni la cultura vedica lo considera giustamente fondamentale. Ciò che mangiamo struttura la nostra mente. Questa nozione è espressa anche nella  Chāndogya Upanişad: “ Il cibo mangiato si divide in tre parti: la parte più grossolana diventa escremento, la parte più sottile diventa corpo, la parte ancora più sottile diventa mente. […] Quando il cibo è puro, c’è purezza della mente.” Ogni contatto con l’energia materiale significa contatto con i guna, con una certa struttura e vibrazione; la vibrazione dei cibi sattvici rende la mente sattvica, come il fuoco rende infuocato tutto ciò con cui viene a contatto.  Quali sono questi cibi? Krishna li ha sinteticamente descritti: sono cibi sani, succosi, adatti alla salute umana. la tradizione dello yoga indica in questo senso l’alimentazione vegetariana come l’alimentazione sattvica; cereali, frutta, verdure, latte portano la mente ad una vibrazione sattvica, pronta per la conoscenza e la felicità. Possiamo già comprendere da ciò i gravi danni che le abitudini non-vegetariane della società moderna apportano alla psiche umana. Oggi diversi studi scientifici stanno avvalorando questa tesi vedica, come le ricerche del dottor Kaplan dell’università canadese di Calgary, che hanno dimostrato quanto un’alimentazione vegetariana sia decisiva per evitare stati depressivi. Infatti vitamine e minerali presenti in frutta e verdura influenzano la mente in modo anti-depressivo, riducendo anche stati d’ansia. Il dottor Eric Brunner ha dichiarato in uno studio pubblicato sul British Journal of Psychiatry che i livelli antiossidanti presenti nella frutta e nella verdura hanno un notevole effetto protettivo nei confronti della depressione.

Krishna indica non solo cibi vegetariani ma cibi sani, naturali. Con le industrie alimentari sono nati cibi con additivi chimici, come i coloranti e i conservanti, i quali hanno un effetto negativo sulla mente, non rientrando nella naturalezza del  Sattva: “I coloranti artificiali per alimenti dovrebbero essere vietati nell’interesse della salute pubblica. Un gruppo di ricercatori dell’Università di Southampton sostiene che la rimozione di queste sostanze dai cibi farebbe calare i livelli d’iperattività nei bambini piccoli. Il 20 luglio 2010 è entrato in vigore il Regolamento europeo n. 1333/2008, che impone la frase ‘può influire negativamente sull’attività e l’attenzione dei bambini’ sull’etichetta dei prodotti colorati con E102, E104, E110, E122, E124 ed E129”.  La conoscenza vedica possiede da sempre questa conoscenza sottile che ci aiuta a vivere in modo sano; la società moderna, invece, sta sprofondando nella catastrofe e a fatica la ricerca scientifica ritrova quelle verità che la Bhagavad-Gītā trasmette da millenni. Il lettore sa ora come alimentarsi per avere una mente serena e illuminata. Le scritture vediche indicano anche i luoghi sattvici: le foreste, i boschi, la campagna; vivere a contatto con la natura sviluppa il Sattva. Passiamo ora ad analizzare gli altri due guna,  il Rajas e il Tamas.  A proposito del Rajas Krishna dice:

   rajo rāgātmakam viddhi /   trisnā-sanga-samudbhavam / tan nibadhnāti kaunteya / karma-sangena dehinam  (cap. 14, verso 7)

   Sappi che il  Rajas, o figlio di Kunti, è caratterizzato da ardenti passioni; esso è  fonte di bramosia e di attaccamento e lega la coscienza dell’anima ai frutti delle azioni.

  Il Rajas, o rajoguna, è il responsabile delle azioni e riempie il cosmo intero di passione; mentre il sattva garantiva l’equilibrio e l’armonia il rajas è la dimensione dei desideri ardenti, del fuoco inestinguibile  di coloro che vogliono godere dei miraggi del mondo materiale. Quali sono gli effetti di questo guna su coloro che ne sono dominati? È facile intuirlo, ma Krishna così afferma: “…dal rajas si sviluppa l’avidità”  È per questo che le persone rajasiche non potranno mai essere soddisfatte, sempre in ansia per la realizzazione dei propri desideri e mai sazi, anche quando qualcosa di effimero si realizza. In questo stato di coscienza l’anima sperimenta ansia, angoscia e non può di certo dedicarsi alla conoscenza. Ecco perché questo guna non deve mai prevalere. Occorre quindi evitare la compagnia di persone dominate dal Rajas. Anche i luoghi rajasici sono sconsigliati.  Le scritture vediche considerano le città luoghi dove predomina il rajoguna.

Per quanto riguarda il cibo Krishna afferma: “ I cibi troppo amari, troppo aspri, salati, piccanti, pungenti, secchi e bruciati sono preferiti da chi è dominato dal Rajas. Essi generano sofferenza, infelicità e malattia.” Una cucina a base vegetale troppo cotta o troppo salata e piccante è da evitare, poiché aumenta l’aspetto rajasico della nostra mente. È da notare il fatto che ogni guna tende a volerci dominare e cerca di mantenere la propria influenza; più coltiviamo un guna e più sarà difficile sfuggire alla sua influenza; ecco perché una persona dominata da un guna tenderà a ricercare qui cibi e quelle compagnie che lo rinforzano. Ma il guna da abbandonare maggiormente è il Tamas. L’uomo passionale può anche passare con una certa semplicità alla virtù del Sattva, ma colui che è immerso nell’oscurità del Tamas rischia di restarvi per molte vite…Così Krishna descrive il terzo e ultimo guna:

   tamas tu ajñāna-jam viddhi / mohanam sarva-dehinām / pramādālasya-nidrābhis / tan nibadhnāti bharata.

   Sappi, o discendente di Barata, che il Tamas ha origine dall’ignoranza ed è causa di illusione per tutte le anime; esso incatena la coscienza alla follia, alla pigrizia e al sonno.

   Mentre l’essere umano rajasico può ancora intravedere la luce del sattva, l’essere perduto nel tamas rischia di sprofondare nell’oscurità più devastante. Ecco perché una reale conoscenza dei tre guna dovrebbe essere alla base di una società davvero civile; l’influenza del tamas dovrebbe essere evitata il più possibile attraverso una educazione adeguata, ma il problema dalla società moderna consiste proprio nel fatto che essa è dominata proprio dal tamas…Ciò rende questa conoscenza di inestimabile valore. La coscienza intrappolata nella prigione del tamas soffre terribilmente e causa sofferenza a tutti gli altri esseri; l’essere umano, in preda alla follia, alla pigrizia e alla sonnolenza, come può aiutare sé stesso e gli altri.

È da subito chiaro che l’uso di droghe è del tutto tamasico. Eppure la società moderna è molto indulgente (per ovvi interessi economici) verso sostanze come la nicotina, l’alcol, la caffeina, come se si trattasse di mali minori. Ma l’effetto che queste sostanze hanno sul corpo e sulla mente è del tutto tamasico. La Bhagavad-Gītā è molto seria al riguardo, soprattutto quando afferma: “…chi muore sotto l’influenza del tamas rinasce nel regno animale.” A differenza di molte scuole pseudo-spirituali new age che affermano l’impossibilità di regredire in forme animali una volta raggiunta la forma umana, la tradizione vedica afferma invece  che questa possibilità esiste ed è molto probabile in una società come quella moderna. Perché ciò accade? Perché la forma che l’anima assume nella vita successiva incarna perfettamente lo stato di coscienza dominante; se l’essere umano ha scelto di degradarsi riducendo la propria coscienza allo stato tamasico tipico degli animali il karma lo esaudisce. È sempre il nostro desiderio che decide. Se desideriamo regredire torneremo ad assumere la forma di un cane o di una tigre…Ecco perché tutti i saggi autentici affermano in modo perentorio di abbandonare totalmente ogni tipo di influenza tamasica, in particolare quella dei cibi e delle droghe. I cibi tamasici sono così descritti: “ Il cibo cotto più di tre ore prima d’essere consumato, privo di gusto, decomposto e putrido, e il cibo costituito di avanzi e di cose intoccabili, piace a coloro che sono dominati dalla più oscura ignoranza.”

Ecco perché l’alimentazione vegetariana è decisiva per una società etica e sana nel corpo e nella mente, poiché il consumo di carne, pesce e uova è del tutto tamasico. Il verso della Bhagavad-Gītā è molto chiaro, parla esplicitamente di cibi in decomposizione e putridi. Cosa vi è di più decomposto e putrido di un cadavere? Eppure il mondo intero considera, come diceva Plutarco, questi cadaveri dei manicaretti squisiti…È l’influenza del Tamas, dell’ignoranza, che impedisce a molte persone di rendersi conto che stanno mangiando un corpo morto…Non a caso i grandi artisti e i grandi filosofi dell’umanità erano vegetariani, o, come si diceva nell’antichità, pitagorici. Oggi molte ricerche mediche hanno ormai dimostrato che non solo non è necessario per l’essere umano nutrirsi di carne e pesce, ma questi “cibi” producono nell’organismo umano gravissime malattie, come tumori e problemi circolatori e cardiaci.  Ma la conoscenza vedica, sintetizzata nella Bhagavad-Gītā, affermava da millenni: “ Chi rinuncia alla carne e all’alcol, è bene intenzionato, si impegna ed è puro, non soffrirà di pazzia, interna o esterna che sia la causa. Egli conserva le sue facoltà mentali.” Queste parole tramandate dalla medicina āyurvedica si basano sulla conoscenza dei tre guna e sugli effetti che le sostanze tamasiche hanno sul corpo e sulla mente. In un verso dello Srimad-Bhagavatam possiamo leggere:

“ Quando l’influenza dell’ignoranza prevale sulla passione e sulla virtù, copre la coscienza individuale e rende sciocchi e ottusi. Una persona influenzata  dall’ignoranza cade nel lamento e nell’illusione, dorme eccessivamente, nutre false speranze e ha un comportamento violento verso gli altri.”

  Lo stato tamasico è devastante quando diventa lo stato predominante. Ogni Guna cerca d’avere il predominio, ma sta allo sforzo di ogni essere umano coltivare il sattva, evitando così di sprofondare in uno stato di coscienza del tutto oscurato. La famiglia e le scuole dovrebbero essere realtà dove viene sviluppato il guna della virtù, per permettere alla nostra identità spirituale di poter trascendere i vincoli materiali e realizzare, un giorno, la perfetta felicità. Krishna espone anche ad Uddhava la scienza dei tre Guna, e ciò sta a dimostrare l’enorme importanza che questa conoscenza esoterica riveste nell’ambito della vita umana. Mentre gli animali non possono coltivare conoscenza e spiritualità la forma umana offre questa straordinaria possibilità. Non sprechiamola seguendo le abitudini tamasiche di una società che ignora la reali influenze che il mondo materiale esercita sulla nostra psiche. Come disse Srila Prabhupada: “ La natura materiale non ci darà tanto facilmente la libertà.”

La natura materiale è progettata proprio per legarci ad essa, per renderci schiavi. Tutte le tradizioni esoteriche non hanno dubbi al riguardo. Ma questa schiavitù è stata una nostra scelta, così come può essere una nostra scelta uscire spezzare queste catene. La scienza e la pratica della Bhakti può portarci alla libertà. Ma molti hanno il terrore della libertà e preferiscono la sicurezza della schiavitù: schiavitù mentale, fisica, new age…Ma gli antichi alchimisti del Rinascimento sapevano di questa scienza e così indicavano i tre Guna: albedo, rubedo e nigredo. Sono le tre fasi della trasformazione, dall’oscurità del Tamas (nigredo) alla luminosità del Sattva (albedo). La tradizione alchemica  rinascimentale  paragonava i tre stati a tre animali: la fase oscura, il nigredo, al corvo, la fase attiva, il rubedo, alla fenice e la fase luminosa, l’albedo, al cigno.

Il cigno nell’esoterismo vedico è simbolo dell’anima, pura e perfetta, mai contaminata dall’illusione. Non a caso nella dottrina esoterica degli avatara Dio appare anche come cigno, Hamsa, ed illustra la conoscenza più segreta…Ma queste trasformazioni alchemiche hanno un solo scopo supremo: il raggiungimento della pietra filosofale. Si  tratti dell’alchimia cinese, indiana o europea, la ricerca era finalizzata alla realizzazione dell’identità divina del Sé. Ma cos’è questa pietra filosofale? Un testo vedico estremamente esoterico, l’Harinama Cintamani (La pietra filosofale dei Nomi Divini) ce lo rivela: “Il nome di Sri Krishna è la pietra filosofale eterna e trascendente.  La pietra filosofale può garantire ogni oggetto desiderabile.  La pietra filosofale del santo nome di Sri Krishna può dare a un materialista la religiosità, la ricchezza, il piacere dei sensi e la liberazione dal ciclo di nascita e morte. A un amante arreso esso offre il puro amore estatico per Krishna. Sri Krishna e il suo santo nome sono identici…”

Il canto dei nomi di Dio rappresenta dunque la vera pietra filosofale, in grado di soddisfare ogni desiderio, poiché, come indicano tutte le tradizioni mistiche, l’Assoluto vuole soddisfare i desideri dell’anima; se i desideri saranno materiali la pratica mistica del canto del nome produrrà esiti materiali, se il desiderio è spirituale il risultato sarà l’estasi eterna…Non a caso questa è la pratica che troviamo in varie tradizioni esoteriche. I Sufi affermano: “Egli mostra […] con l’esistenza dei Suoi Nomi l’esistenza dei Suoi attributi…[…] Non c’è ricordo esteriore del Nome, se non dall’intimo della contemplazione e della meditazione.” La scienza dei Nomi di Dio è la scienza spirituale più nascosta e il canto del Nome è strumento esteriore affinché il ricordo del Nome diventi il battito stesso del cuore del mistico, come espresso nei Racconti di un pellegrino russo.  A questo punto lo studio termina ed inizia il cammino…

Valentino Bellucci

 

Pubblicato il Lascia un commento

Il rifugio di Goethe

gete

Goethe fuggì in Italia nel 1786. Non poteva aspettare un giorno di più. Ormai era giunto al limite: “ Lo scopo principale del mio viaggio era quello di guarire dai malanni fisici e morali che mi tormentavano in Germania e che alla fine mi avevano tolto ogni energia…” L’Italia salvò Goethe ed è grazie alla sua bellezza naturale ed artistica che il grande artista-iniziato riuscì a ricaricarsi…In un mondo come quello materiale, pieno di vampiri energetici e di ostacoli fisici e psicologici, è fondamentale avere un luogo (esterno o interiore) dove recuperare le proprie energie. Non si tratta di ‘andare in vacanza’; le vacanze sono la libera uscita di una umanità ridotta in schiavitù da un sistema economico-sociale impazzito; Goethe fuggì anche da una parte di sé stesso che lo stava divorando. In Italia riuscì a trasformare quella parte di sé in un nuovo essere umano: “ Anche se sono sempre lo stesso, mi pare di essere cambiato fino al midollo.”

Johann_Heinrich_Wilhelm_Tischbein_-_Goethe_in_the_Roman_Campagna_-_Google_Art_Project

Trovare il proprio rifugio richiede sempre un viaggio iniziatico, e al termine di un tale viaggio non siamo più gli stessi, siamo cambiati fino al midollo. Accadde anche a Pitagora quando andò in Egitto: “  [Pitagora] passò ventidue anni in Egitto, nei penetrali dei templi, dedito all’astronomia e alla geometria, e intento a farsi adepto, in modo tutt’altro che casuale e superficiale, di tutti i misteri divini.” Tanti anni quelli passati da Pitagora in Egitto, del resto era quasi impossibile per un greco farsi accettare dai sacerdoti egizi e diventare degno di raggiungere i livelli divini dell’anima; dovette affrontare un  lungo periodo di prova e di apprendistato, poi anche Pitagora, come Goethe, fece ritorno. Sì, perché anche il fare ritorno è una prova iniziatica.

Goethe passò in Italia circa due anni e studiò ogni cosa, l’arte e la vita, assorbendo millenni di storia come una creatura marina che assorbe gli elementi per farne una perla: “ …chi ha visto bene l’Italia, e Roma in particolare, non potrà mai diventare del tutto infelice.” C’è un grande segreto in queste parole: una bellezza suprema, se vissuta fino in fondo, ci proteggerà da ogni evento negativo. In fondo Goethe cercò in Italia e a Roma il rifugio nella pura bellezza; l’Italia era davvero un paradiso terrestre, prima della follia industriale, prima dei crimini della cementificazione…e Goethe amava soprattutto il mare: “ Se vedessi il mare ne avresti una grande gioia. Quando dopo un certo tempo  si è fatta l’abitudine non si riesce più a capire come si sia potuto vivere senza averlo veduto, né come si potrà continuare a vivere senza vederlo.”  I paesi mediterranei hanno questa immensa grazia, questo contatto col mare, che è un elemento decisivo per innalzare la coscienza divina, infatti: “sarasām asmi sāgarah” (Bhagavad-gītā, 10, 24), tra le distese d’acqua sono l’oceano; il divino stesso si manifesta nelle grandi realtà naturali e ci purifica; Goethe trovò a Roma la grandezza della Natura e i veri segreti delle Arti plastiche. Comprese di non essere destinato alla pittura, ma disegnò ugualmente centinaia di paesaggi e figure, per disciplina, per imparare a vedere. Ognuno dovrebbe trovare un proprio rifugio, una Roma ideale dove poter ritrovare se stessi, la propria missione.

Lapide_Goethe

Goethe scrive: “ Le antichità, la storia, la letteratura delle diverse arti…[…] vengono praticate  alacremente da singole persone frequentando le quali si apprende quasi senza accorgersene, e così Roma diventa, per chi voglia applicarsi, una vera scuola superiore.” Il nostro rifugio non deve essere un luogo passivo ma di studio superiore; e il vero studio superiore accade naturalmente, per osmosi, ‘quasi senza accorgersene’.  Goethe assimilò tutto ciò che poteva, in modo vitale, con gioia; così un luogo diventa un rifugio che nessuno può toglierci, poiché il lavoro compiuto in esso appartiene solo a noi ed è unico. Anche se Goethe dovette tornare a Weimer una Roma ideale rimase sempre con lui, perenne, intatta, raggiungibile col pensiero e col cuore. Nelle sue conversazioni con Eckermann Roma sarà sempre una ‘leggenda’, un luogo del mito, e quindi dell’anima. Questo dovremmo trovare per avere una vita felice, un luogo che sia per noi un luogo dell’anima: un paese, una città, un castello…qualcosa che protegga i nostri sogni da qualsiasi incubo.

  Goethe mostrò anche nel suo Faust l’importanza iniziatica di avere un proprio rifugio, un luogo inaccessibile agli altri:

Sempre più in alto devo salire,

sempre più in alto devo guardare!

Ora  so dove sono:

in mezzo all’isola, sono,

in mezzo al paese di Pèlope,

congiunto al mare come alla terra!

  

 L’anima, finalmente consapevole di sé, ha compreso i propri poteri divini; ogni dio crea il proprio mondo, il proprio spazio; e Goethe creò la sua Roma interiore, e di essa divenne il Re, il monarca assoluto. Proprio questo esprime, in realtà, il ritratto di Tischbein dove Goethe appare come un sovrano tra le antiche rovine…

goetheitalia

 Il pittore ha colto lo stato d’animo sovrano che Goethe stava cercando da una vita e che a Roma realizzò. Spetta ad ognuno di noi diventare sovrani di uno spazio reale e simbolico, interiore ed esteriore. Se non troviamo la nostra Roma allora dobbiamo sforzarci di crearla… D’Annunzio lo fece col Vittoriale, Miller con Parigi, Rilke con Duino; non ci sono limiti creativi per la nostra coscienza e ogni coscienza ha il potere di creare uno spazio e di governarlo. La fisica ha scoperto tardi ciò che questi grandi poeti già sapevano: materia e spazio dipendono dallo sguardo dell’anima. Più l’anima cresce e più il suo sguardo detta legge sull’universo che la circonda. Ed è una legge di armonia e bellezza, non la legge dei dittatori, mossi solo dalla loro paranoia…

Valentino Bellucci

Pubblicato il Lascia un commento

Il FESTIVAL DEL NUOVO RINASCIMENTO

 

Metateismo-Festival-del-Nuovo-Rinascimento-640x245
Sarà presentato in conferenza stampa, giovedì 19 maggio ore 11,45 il programma del FESTIVAL DEL NUOVO RINASCIMENTO 2016, presso lo Spazio Ex Fornace in Alzaia Naviglio Pavese 16, sede dell’evento che si terrà dal 20 maggio al 1 giugno. Presenti in conferenza stampa Rita Barbieri, Presidente della Commissione Cultura del Consiglio di Zona 6 di Milano, Rosella Maspero, Presidente dell’Associazione Verso un Nuovo Rinascimento, Davide Foschi, Presidente del Centro Leonardo da Vinci e ideatore del Festival del Nuovo Rinascimento e altre istituzioni e personalità del mondo culturale milanese. Organizzato dal Centro Leonardo da Vinci, con il patrocinio di Zona6 Comune di Milano, il FESTIVAL DEL NUOVO RINASCIMENTO, evento ufficiale nel palinsesto ExpoinCittà 2016 sarà un’agorà ap erta alla cittadinanza, con ingresso gratuito, in cui sarà possibile riscoprire, tra opere d’arte, performance, musica, letteratura, dibattiti e tavole rotonde con grandi ospiti, il senso profondo della condivisione, della partecipazione e della riscoperta del senso della Meraviglia, rimettendo l’essere umano al centro della nostra società.
Tra i numerosi ospiti durante l’evento, testimonial d’eccezione della giornata di inaugurazione saranno: il grande regista internazionale Pupi Avati, il Presidente del RomaFilmFestival Adriano Pintaldi, Economista della cultura e dell’arte Marco Eugenio di Giandomenico e, direttamente dallo Zelig, il comico Claudio Batta, che riceveranno personalmente dall’artista Davide Foschi il Premio Icona del Nuovo Rinascimento 2016, riconoscimento già attribuito ad istituzioni, enti pubblici e privati che si sono distinti nel promuovere i princìpi del Manifesto del Nuovo Rinascimento scritto da Davide Foschi. Presente all’inaugurazione anche l’Assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo del Corno. L’edizione 2016 del Festival del Nuovo Rinascimento sarà la prima di un tour nelle grandi
città italiane: partendo da Milano, la città dove ha vissuto e operato il grande Leonardo, per tutta la durata della manifestazione, ogni giornata sarà suddivisa in momenti di confronto
– sul tema artistico, con mostre a cura del Centro Leonardo da Vinci, del Movimento del Metateismo e del Centro Studi Milano ‘900.
– sul tema culturale, con musicisti, attori, letterati, registi che hanno fatto della propria ricerca stilistica un percorso intimistico ed essenziale unico, improntato ad un Nuovo Umanesimo.
– sul tema economico, con imprenditori e aziende che si sono distinte nel loro operato
– sul tema enogastronomico, con importanti ristoratori che sul Nuovo Rinascimento hanno
basato nuovi piatti e menu.
Tredici giorni di incontri e dibattiti aperti al pubblico, con prestigiosi enti, aziende e associazioni fra cui: Laura Caradonna con F.I.D.A.P.A. BPW-Italy sez. Milano, City Life Magazine, Tutti più Educati, Consulta Femminile Interassociativa di Milano, Moica, Marco Eugenio di Giandomenico con Ethicando, Pasquale Addisi con Domonest, e ancora Confesercenti, Centro Studi Milano ‘900, Progetto Robur, Melina Scalise e Francesco Tadini per Casa Museo Spazio Tadini, Domonest, Youmandesign 4NR, Onyrico, Ross Metacoach, Artistivì, E20webTv, MilanoArteExpo, Anime Nascoste di Alberto Oliva, Unica srl, Studio Dentistico Tortona 30, Centro Odontoiatrico Vannucchi & C., Ariosto S.p.A., chef e ristoranti del Nuovo Rinascimento.
Durante la serata inaugurale particolare rilievo avranno altre due importanti premiazioni: il primo è il PREMIO MICHELE CEA 2016, concorso gratuito rivolto ai giovani artisti emergenti ai quali il Centro Leonardo da Vinci dedica una particolare attenzione finalizzata alla crescita personale e artistica. Il vincitore riceverà il premio in presenza di Pupi Avati; il secondo è il PREMIO MACCHINE DI GUERRA – MACCHINE DI PACE: invenzioni per
l’evoluzione. Il premio sarà assegnato dal Centro Leonardo da Vinci a “Vela Etica” di Sabaudia Etica, presidente Luigi Zambon, capace di realizzare la prima barca a vela di grandi dimensioni per persone con ridotta mobilità fisica agli arti inferiori.
Il Festival del Nuovo Rinascimento è una manifestazione ideata da Davide Foschi, organizzata dal Centro Leonardo da Vinci in collaborazione con Youmandesign 4NR, canale ufficiale di comunicazione che ne cura i contenuti. Il Festival del Nuovo Rinascimento è un evento Expoincittà ed è patrocinato da Zona6- Comune di Milano.
Il programma sarà consultabile online nei prossimi giorni sui siti
Www.centroleonardodavinci.com
Www.festivaldelnuovorinascimento.it
e sulla pagina facebook
www.facebook.com/groups/youmandesign4nr/

 

Pubblicato il Lascia un commento

Adriano ed Antinoo

 

antinoo

È splendore per pochi angeli”, canta una canzone dell’amore. Quanti passi si fanno ‘con’, ‘da’, ‘verso’ l’amore… ogni amore ha la sua storia, storie d’amori impersonali, vigliacchi, d’un attimo, infelici o felici, unici, perfetti, eterni, ma ad ogni modo il vero Amore è solo per pochi eletti e per i coraggiosi.

Antinous_Pio-Clementino_Inv256_n3

Antinoo è il bellissimo fanciullo che l’imperatore Adriano conobbe durante un suo viaggio in Bitinia, probabilmente nel 123 d.C, due anni dopo l’imperatore fece ritorno a Roma portando al suo seguito il suo giovane innamorato. Antinoo restò al fianco di Adriano e lo seguì anche nei viaggi ufficiali, come quello intrapreso in Egitto dove l’efebo morì annegando nelle acque del Nilo. La sua tragica morte rimane un mistero, tra le ipotesi, la più romantica, che ricorda un po’ la più memorabile ‘tragedia a lieto fine’ di Euripide, è quella della ‘morte vicaria’ ipotizzata da Cassio Dione Cocceiano il quale suggerisce un sacrificio di Antinoo per salvare Adriano al quale i maghi avevano predetto la morte entro un anno a meno che un volontario non si fosse immolato al posto suo.

L’imperatore, straziato dal dolore per la prematura perdita dell’amato, ne fece riprodurre le fattezze in tutti i modi possibili per perpetuarne la memoria, lo divinizzò. Fece edificare la città di Antinoopoli in Egitto, nello stesso luogo dove il suo compagno annegò, eresse l’Antinoeion, il tempio in Villa Adriana venuto alla luce da recenti campagne di scavo, che probabilmente aveva funzione di luogo-memoria dove ricordare il suo caro.

Frutto di una delle storie d’amore più antiche ma più belle, capace di commuovere ancora oggi, anche le innumerevoli iconografie a lui dedicate:

download (1)Antinoo fu ritratto su monete, rilievi, gemme, piastre votive, gioielli, in infinite sculture, di marmo, di bronzo, sparse per tutti i musei del mondo, che lo vedevano nei panni di Apollo, Osiride, Dioniso, sacerdote di Attis, l’Antinoo Farnese. La serie ricchissima di riproduzioni della figura di Antinoo, sebbene sia storicamente indefinita se non per quanto riguarda il legame con Adriano, ha dato origine ad un vero e proprio mito tanto da costituire “l‘ideale di bellezza”, un modello per l’arte Antica e per le sue riprese.

Nelle ore di insonnia, percorrevo i corridoi della Villa, erravo di sala in sala, mi fermavo davanti ai simulacri di Antinoo. Ogni stanza aveva il suo, ogni portico perfino. Sfioravo con un dito quel petto di pietra”, scrive Marguerite Yourcenar parlando del dolore dell’imperatore romano nel suo romanzo Memorie di Adriano.