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Pensiero discorsivo e pensiero esoterico

Al pensiero discorsivo è da sempre affiancato il pensiero esoterico, confinato in enclave, così in Oriente come in Occidente.

In India, in Tibet, nell’Europa, la totalità delle persone vive immersa nella rappresentazione, a livello quotidiano, a livello cognitivo-filosofico, a livello religioso. Poi ci sono ristrette cerchie di adepti che vivono al di fuori della rappresentazione: la sorte di questi gruppi è diversa in Oriente rispetto all’Occidente: là sono riveriti ed ammirati, in Occidente sono confinati ai margini della società. (Da qui la differenza tra pensiero ordinario orientale e pensiero ordinario occidentale: il primo muove dalla verità esoterica, sebbene il renderla in termini discorsivi non possa che deprivarla della sua effettività; in Occidente si è scartato il pensiero esoterico, e quindi l’alternativa razionalista ha creato il progresso.)

Alchimisti e yogin, cabbalisti e siddha, santi mistici e bhakty-yogin vivono le stesse identiche esperienze, la stessa identica realtà; la quale è diversa dalla realtà convenzionale, quella creduta unica e granitica dal pensiero discorsivo. È ovvio cioè che tutti gli adepti di ogni estrazione culturale e da ogni angolo del mondo dicano lo stesso, ciascuno a modo proprio, per il semplice fatto che hanno costoro accesso alla dimensione autentica della realtà, che quella è; così come l’altra dimensione della realtà, quella convenzionale, è ovviamente per tutti uguale. 

Il pensiero sacro considera ragione e fede come una variazione all’interno del tema della rappresentazione: i razionalisti credono a cosa le loro facoltà calcolanti elucubrino a partire dai miserrimi lacerti di realtà che cadono sotto il dominio dei cinque sensi, i religiosi ed i devoti credono a cosa sperano. Entrambe le schiere, per gli adepti della Scienza Sacra, mancano del rapporto diretto ed effettivo con la realtà, bensì appunto “credono”: credono a cosa la loro mente creda, non alla realtà, e ciò proprio a causa del fatto che la realtà è esperita non in modo diretto ma appunto attraverso il velo della rappresentazione — ciò è l’avydia. La vydia, la conoscenza, è invece l’esperire la realtà autentica senza intermediazioni, in modo diretto. 

La rappresentazione è il credere di essere l’io, questo è l’errore di fondo che preclude le conoscenze effettive “superiori”; il convincimento che la propria mente sia un “oggetto” che si esaurisce nel soggetto nominato io. Da qui sorge, inevitabilmente, la domanda sul mondo esterno — appunto esterno perché a priori vissuto come esterno alla mente — e sulle cose che lo compongono, donde la technè, l’essere indotti al manipolare le cose.

Gli esoteristi oppongono che la mente non coincida con l’io. Che l’io sia invece solo un inganno autoreferenziale, un aggregato del portato delle sensazioni sulla mente; l’io per gli esoteristi è certamente vero, solo che è solo una porzione della mente, la ninfea senza le radici per citare Kant. Il pensiero esoterico ritiene che la base della mente, la natura della mente, sia vuota, sia uno specchio; e che di questo specchio l’io, o gli io che uno si renda conto di avere, sono un riflesso. La ragione è il legame, o la materia, di cui è fatto il riflesso.

Questa è una descrizione concettuale e discorsiva del pensiero sacro, il quale procede in modi del tutto ignoti al pensiero comune, che sono detti pre-teoretici proprio in quanto anteriori all’instaurarsi della dicotomia tra io e mondo, tra mente a materia.

Gli yoga non sono altro che insiemi di tecniche, della più varia natura, che hanno l’identico scopo di facilitare l’evento del ritrovarsi al di qua dell’io, ovvero sulla natura della mente non deformata dall’io (deformata un po’ come la gravità di una stella deforma lo spazio-tempo). Non si può infatti voler uscire dall’io, perché l’io evidentemente non può voler uscire da se stesso.

La Scienza Sacra si afferma come scienza: si fonda sulla evidenza di esperienze di stati di coscienza anteriori al dominio dell’io. La scienza moderna si dice empirica, ma conduce i propri esperimenti attraverso il vetrino colorato della rappresentazione, cioè su quella che crede una evidenza, mentre forse davvero non la è. Corollario è che la Scienza Sacra sia ripetibile date certe condizioni imponderabili, laddove quella moderna predetermina le proprie condizioni di ripetibilità.

Si sarà inteso che si tratta di due mondi diversi. La realtà appare (e se si vuole “è”) sempre fenomenicamente una, va da sé, cambia però la sua struttura. La struttura della realtà, è detto, non già la di essa percezione psicologica o cognitiva — ciò sarebbe una variante della rappresentazione, va da sé. Interrogato sulla natura della realtà autentica era solito rispondere il Buddha: non si può descrivere a chi non la abbia raggiunta, chi la ha raggiunta non ha bisogno di spiegazioni.

E tra questi mondi non c’è possibilità di disputa: l’uno nega l’altro, o meglio il pensiero discorsivo si fonda sul negare il pensiero esoterico, proprio perché il pensiero esoterico “non è comunicabile come le altre conoscenze”, come dice Platone nella Lettera VII, mentre per Aristotele ciò “che è” deve come tale essere dicibile dal logos razionale. Questo è il fondo del discrimine, e ciò per il semplice fatto che essendo due forme di pensiero diverse si estrinsecano in due modi diversi di pensare, che hanno tratti inconciliabili. Per il pensiero convenzionale il fondamento è il pasòn bebaiotate archè della Metafisica di Aristotele, il principio di non contraddizione; il quale a sua volta per il pensiero sacro non è che l’espressione di un accanimento rappresentativo su porzioni dell’ente (in termini logici il principio di non contraddizione può essere detto come il principio di identità dissimulato in una petizione di principio). L’esoterista non può, ma in effetti nemmeno vuole, convincere o persuadere l’interlocutore, semmai accennare, come l’Apollo di Eraclito, al fatto che da parte di alcuni si dice si possano seguire vie diverse dal plesso delle credenze che le abitudini inscrivono nelle menti instillando la persuasione che il mondo sia solo il samsara, che occorra seguire le correnti, cercare ripari, soffrire e morire. 

Uno dei metodi principali per superare la rappresentazione, additato da yogin, da vedantini, dagli alchimisti e dai filosofi pre-teoretici è peraltro proprio il ritorcere la ragione su stessa, il farle constatare la propria intrinseca e strutturale autoreferzialità. Certo ciò può non servire a niente di più che a sviluppare capacità calcolatorie orientate a obbiettivi diversi dalla prevaricazione naturalmente insita nella ragione, ovvero a vedersi sviluppare una dialettica di tipo platonico in luogo di quella hegeliana tipica della mente dualizzante. Poi come in ogni tipo di yoga il perfezionamento o le realizzazioni dipendono essenzialmente da una shaktipat, una caduta di potenza, con la consapevolezza cioè che tutto dipende dal caso (che in Oriente concepiscono in un modo però diverso: il Karman, che non è solo il destino né il succedersi di retribuzioni e premi). Si può dire che gli yoga siano un rendersi disponibili alla caduta di potenza. E il rendersi conto del fatto che quantomeno la storia del passato dell’umanità è logicamente possibile sia diversa da come si crede di sapere, non è altro che un principio di yoga adatto ai tempi correnti.

Certo un dialogo in questi termini pare ad oggi donchisciottesco, ma la prospettiva potrebbe mutare se ci si rendesse conto che i mulini non sono solo strutture architettoniche alimentate nel loro meccanico operare sui piccoli oggetti a causa dei venti, ma sono anche porzioni dell’ente co-prodotte condizionatamente (questa è la nozione essenziale della vacuità nel Buddhismo Mahayana, mentre nelle correnti tantriche del Buddhismo Vajrayana la vacuità è uno stato della coscienza anteriore all’io che deve essere raggiunto).

Quanto sopra è una disamina da un punto di vista diverso da quelli consueti.

Da un certo punto di vista è uno studio sintetico ed integrato di descrizione di sistemi esoterici per come possono essere letti. Da un altro punto di vista non è altro che l’aver fatto un passo nel solco segnato da una linea filosofica ora ritenuta minoritaria nel panorama continentale, dove viene considerata ancora idealistica, appunto quella di Nietzsche e Heidegger.

 Antonio Viglino

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Morto o non Morto: Il Destino di Dio

Nel diciannovesimo secolo, quando  descrisse “Dio è morto”, esprimeva la sua opposizione a diverse visioni del mondo in competizione; il secolarismo liberale del suo tempo, Immanuel Kant e l’idealismo tedesco post kantiano, e all’ideologia cristiana. È a quest’ultimo gruppo che la famosa frase riecheggia più profondamente e la cui risonanza è più ampia. Nella sua risposta all’ideologia cristiana, Nietzsche denuncia il concetto letteralmente letterale e dualistico di Dio come agente al di fuori del mondo che distribuisce ricompense e punizioni del paradiso e dell’inferno in termini semplicistici e non allegorici. Mentre il pensiero tedesco cercava di decifrare un Dio più sofisticato e minuzioso, Nietzsche allertò i suoi contemporanei con il grido di “Dio è morto” per dire che non possiamo più tornare al concetto semplicistico di un Dio dualista visto come separato dal mondo.

Più di centocinquanta anni dopo sembra che ci sia una nuova svolta in questa vecchia frase. Prominentemente esposti sui cartelloni degli autobus di Londra ci sono le parole del biologo evoluzionista Richard Dawkins che afferma: “Probabilmente Dio non esiste, quindi rilassati e goditi la vita”. Questa versione moderna della frase ha una sfumatura che suggerisce l’edonismo. Questo, tuttavia, non è un vero grido per l’ateismo. Il messaggio di Dawkins è più morbido di, ad esempio, Jacques Monod, il celebre biologo che sostiene l’ateismo come la risposta adeguata all’inutilità dell’esistenza; che siamo semplici incidenti chimici. Ciò a cui Dawkins sta rispondendo è la versione fondamentalista di Dio, che Nietzsche ha già eliminato. Dawkins non sta attaccando le nozioni intuitive e mistiche di Dio, ma piuttosto la vecchia moda “Dio nel cielo” del fondamentalismo.

Per affrontare le carenze della visione del mondo fondamentalista, Dawkins avrebbe dovuto piuttosto dire: “Non venire a Dio per paura” e questo, insieme alla domanda “Dio è buono?” La domanda sulla bontà di Dio ha profonde radici filosofiche, e ciò conduce a un percorso bello e curioso che suggerisce Dio come qualcosa di più meraviglioso della sua riduzione ad un agente dualistico.

Ma dicendo rilassati e goditi la vita, Dawkins alimenta una delle ardenti motivazioni per il fondamentalismo; la paura dell’edonismo. La paura dell’edonismo nel suo aspetto peggiore; la ricerca del piacere si scatena, la sazietà senza ritegno e ovunque il caos. Non solo questa paura dell’edonismo alimenta il fondamentalismo, che è la risposta teologica, ma alimenta il terrorismo fondamentalista, una reazione politica alla stessa paura.

C’è un altro modo di vedere Dio che sta guadagnando consenso in Occidente. Una visione che eleva Dio dalla banalità della visione del mondo fondamentalista e dalla beffa di Dawkins. Una visione che mette in prospettiva un Dio più sofisticato, più accurato e più mistico che si levava dalle ceneri della pira funebre che Nietzsche aveva preparato. Questa visione trova la sua articolazione nella Fisica Quantistica. Basandosi su concetti portati alla luce da Einstein e avanzati da una schiera di pensatori e scienziati tra cui Rupert Sheldrake, Roger Penrose, Feynman, David Bohme, C. Blood e altri, sono diventato una delle voci principali di questo nuovo paradigma nella scienza. Nel mio libro God Is Not Dead e nel film The Quantum Activist, in cui espongo il mio caso in modo piuttosto succinto, c’è una nuova mescolanza di filosofia con la religione, della scienza con l’intuizione. Dio come coscienza.

Il Dio suggerito dalla Fisica Quantistica non è il Dio letterale delle Scritture, ma il Dio sofisticato e luminoso che è descritto nelle Scritture; descritto attraverso allegoria e simboli, oltre che aneddoticamente.

C’è una lunga tradizione in Occidente di un Dio della Coscienza che resiste a descrizioni letterali che risalgono a Platone. Origene, uno dei primi padri della chiesa, insieme a Agostino si appropriò dell’Idealismo di Platone per la dottrina della Chiesa. Più tardi arrivarono Erigena e San Gregorio di Nissa che integrarono il pensiero neoplatonico con il dogma della Chiesa. E Tommaso d’Aquino che portò i concetti aristotelici all’interno del cannone della Chiesa, sostenendo che la Ragione era capace di operare all’interno della fede. Anche il giudaismo e l’islam hanno sempre apprezzato il rigoroso dibattito talmudico e coranico sulle interpretazioni del significato all’interno delle scritture.

Quindi, vediamo che la teologia occidentale ha una lunga storia di ricerca del sofisticato Dio del significato e dell’intuizione per sostenere, per così dire, il Dio più letterale della devozione. In altre parole, un percorso di saggezza. Ma in Occidente questa tradizione è stata emarginata. Non è mai stato preso dal mainstream. Non è mai penetrato nella coscienza dell’umanità, ma piuttosto è rimasto un dibattito o una discussione tra teologi, filosofi e uno scienziato illuminato. Infatti, fin dalla codificazione della dottrina della Chiesa nel Medioevo, la filosofia e la religione sono state in gran parte separate. Per la mente tradizionale, la religione è diventata quasi completamente devozionale, mentre la filosofia, appena esistente nel mainstream, ha tentato di riprendere il gioco nel suo rapporto con Ragione e significato.

Colmando questo divario tra filosofia e religione e parlando di Dio e della natura della realtà in termini di coscienza, e sostenendo se stesso con la matematica fino al punto in cui l’equazione di Schròdinger in un certo senso prova l’esistenza di Dio, la fisica quantistica introduce un nuovo paradigma , un nuovo dialogo, un nuovo modo di vedere un vecchio concetto. Nella fisica quantistica, Dio è trascendente, è di tutto, non è locale. Dio è un agente di causalità che agisce al di fuori dell’universo materiale ma effettua le cose all’interno del mondo materiale. Dio è coscienza come non-locale, e siamo in risonanza con Dio quando non siamo nella nostra coscienza egoica, ma in uno stato non-locale. È ciò che i mistici chiamano la Coscienza di Dio o il sentimento oceanico.

La fisica quantistica offre un modello filosofico rigoroso basato sul fatto che la coscienza è primaria a tutto. Le cose, i pensieri, i sentimenti, le emozioni sono tutte ondate di possibilità; onde che sono collassate nella realtà dalla coscienza. Quindi la coscienza, non importa, è il fondamento di tutto l’essere. (Questa è un’idea non rara nei circoli religiosi e filosofici, ma che è rivoluzionaria nella scienza.) Il nuovo paradigma della Fisica Quantistica parla in un linguaggio che è scientifico, chiaro e oggettivo.

Tuttavia, a differenza della scienza e della maggior parte delle filosofie, la fisica quantistica sposa l’ortoprassi e l’ortodossia. Cioè, pratica giusta e giusta dottrina. Ci offre il concetto di attivismo quantistico. L’obiettivo di questo attivismo è esplorare le possibilità quantiche, moltiplicare le scelte quantistiche, sperimentare improvvisi balzi discontinui di creatività, elaborare il significato e rendere i frutti di questi sforzi tangibili e trasformativi nella società più o meno nello stesso modo in cui le religioni predicarebbero pratica delle virtù.

In Oriente, le tradizioni non hanno diviso la filosofia dalla religione come l’Occidente. L’intuizione è sempre stata al centro delle tradizioni orientali. Abbracciando le tendenze filosofiche e mistiche nei loro testi, storie e dottrine, le religioni tradizionali orientali sono più a loro agio nel muoversi tra intuizione, ragione e fede. La fisica quantistica presenta questa dinamica integrata alla mente occidentale. La ragione è possibile nell’intuizione. È un percorso di saggezza per gli occidentali con dati sperimentali per stimolare, soddisfare e correlare la mente della ragione con l’intuizione. La fisica quantistica riporta Dio nella filosofia e nella ragione. E quello che è forse il più rivoluzionario è che la fisica quantistica si rivolge a un vasto pubblico: al laico colto, al ricercatore spirituale e allo stesso filosoficamente inquisitore. Non ha ancora conquistato il mondo scientifico, ma sta arrivando. Questo nuovo paradigma non è solo per le curiosità d’élite di teologi o filosofi selezionati, è un messaggio per il mainstream.

Dalla rivoluzione francese a John F. Kennedy a Barak Obama ci fu un tentativo travagliato ma costante di alzare lo standard di vita per le masse, di salvare la classe media, di sollevarle, per così dire, da una schiavitù travolgente e dare loro tempo per elaborare il significato. Questo non è altro che preparare il terreno affinché un grande gruppo di persone si interessi ai valori e ai significati. Questo evento stimolerà l’evoluzione del pensiero occidentale. Il tempo sembra appropriato per abbracciare l’intuizione e la ragione in congiunzione con la fede e la devozione; coniugare scienza e religione, entrambe ardenti di filosofia. Ridefinendo il Dio popolare in termini di coscienza, la fisica quantistica ha respirato la vita nella divinità morta di Nietzsche completando la traiettoria da “Dio è morto” a “Dio non è morto”.

di Amit Goswami, PhD

http://www.amitgoswami.org