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2000 a.C: Distruzione Atomica

Quaranta anni fa un saggio eccezionale fece la sua comparsa nelle librerie. 2000 A.C.: DISTRUZIONE ATOMICA (Ed. SugarCo, Milano) dell’anglo-indiano William David Davenport e dell’italiano Ettore Vincenti presentava infatti uno sconvolgente scenario inedito per l’Italia parlando delle ancestrali tradizioni letterarie e storiche indo-ariane sui mitici “Vimana”, i “carri celesti“ dei “divini” Deva, già timidamente divulgate prima da Peter Kolosimo e poi da Roberto Pinotti. L’India antica sarebbe stata al centro di scontri fra mezzi spaziali di origine extraterrestre, e la città di Mohenjo Daro nella valle dell’Indo sarebbe stata bombardata da ordigni termici distruttivi di potenza e caratteristiche analoghe – seppur diverse – a quella degli ordigni termonucleari.

Ma la immatura scomparsa di entrambi gli Autori impedì che la loro indagine venisse approfondita come avrebbe meritato. Antesignano del tema e creatore del termine “paleoastronautica” nell’ambito della “teoria degli Antichi Astronauti”, lo ha fatto nel 1988 Roberto Pinotti, che da ricercatore aerospaziale ha ufficialmente presentato al congresso della Federazione Astronautica Internazionale riunito in India a Bangalore la prima memoria accademica sul tema, recandosi altresì in Pakistan a Mohenjo Daro per verificare in loco l’indagine di Davenport e Vincenti.

Questa riedizione del loro libro del 1979 mira a valorizzare il lavoro originale di entrambi, che autori impreparati hanno indirettamente cercato di fare proprio tentando di appropriarsi di parte del loro materiale, lasciato da Davenport a Pinotti perché lo valorizzasse. Cosa che quest’ultimo – anche mediante il suo recente best seller VIMANA, GLI UFO DELL’ANTICHITA’ con la bella prefazione di Robert Bauval (UNO Editori, Torino) – ha continuato a fare confermandone ulteriormente oggi la validità con questa nuova edizione commentata realizzata dalla Harmakis Edizioni del saggio originale dei due ricercatori, arricchita di doverosi aggiornamenti e approfondimenti che ne onorano la memoria e l’eccezionale apporto pionieristico, lungi dal sensazionalismo e dagli impropri interventi di commentatori improvvisati solo interessati a sfruttarne la memoria.

Roberto Pinotti                  

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I Custodi del Graal

In seguito alla presa di Gerusalemme nel 1099, vi fu un gran discutere su come la Città Santa dovesse essere amministrata. Dopo molte riflessioni, si decise di offrire la corona al duca della Bassa Lorena, Goffredo, il quale possedeva sia le necessarie credenziali aristocratiche che la volontà di rimanere in Terra Santa sebbene la maggior parte degli altri nobili fosse ritornata in Europa. Pur accettando l’incarico, Goffredo rifiutò la consacrazione come sovrano, preferendo assumere solo il titolo di Advocatus Sancti Sepulchri, “Difensore del Santo Sepolcro”: considerata l’opposizione della Chiesa agli incarichi secolari che fossero superiori a quelli ecclesiastici, questa era sicuramente una mossa avveduta. Tuttavia il suo regno, che fu caratterizzato da una certa debolezza sia nei confronti
della Chiesa che di potenti vassalli come Tancredi, non durò a lungo. Il 18 luglio 1100, a quasi un anno esatto dalla presa di Gerusalemme, Goffredo morì, probabilmente di febbre tifoidea.

Ancora una volta il trono rimase vacante e presto fu chiaro che vi era un solo uomo in grado di occuparlo: Baldovino, fratello di Goffredo. Questi, diversamente dal fratello, non si dimostrò restio ad accettare la sacra corona, che
molti ritenevano spettasse solo a Cristo, e l’11 novembre fu consacrato re di Gerusalemme, mentre la sua contea di Edessa passava al cugino Baldovino di Le Bourg. Probabilmente il nuovo re fu sorpreso quanto chiunque altro del destino che gli veniva riservato, sebbene non fosse del tutto immeritato.

Baldovino cercò subito di rafforzare alla base quel regno che soffriva – e in un certo senso ne avrebbe sofferto per tutta la sua esistenza – della scarsità di forze militari. I crociati erano pronti a recarsi in Oriente e anche a morire nel nome di Cristo, se fosse stato necessario, ma solo pochi erano disposti a rimanervi per tutta la vita. Era necessario trovare il modo di ovviare a questo inconveniente e la soluzione sembrò l’istituzione del primo ordine militare di cavalieri: i Templari. Baldovino morì il 2 aprile 1118 e gli succedette il cugino Baldovino il, che al pari di lui aveva svolto una sorta di apprendistato come conte di Edessa.

Un certo Hugues de Payen, un nobile della Champagne, si presentò a Baldovino il subito dopo la sua incoronazione e discusse con lui dell’istituzione dell’Ordine, inizialmente chiamato dei “Poveri Cavalieri di Cristo”. Sebbene l’Ordine fosse destinato a espandersi con il tempo e a diventare il più grande e il più ricco d’Europa, inizialmente era composto da nove cavalieri soltanto, che tali rimasero per nove anni. Baldovino consentì loro l’uso della moschea di Al Aqsa sul monte del tempio a Gerusalemme come quartier generale, un privilegio mai accordato a nessuno. La loro stretta relazione con il monte del tempio è indicata dal fatto che le chiese che costruirono in Europa furono quasi sempre a pianta circolare, su modello della Cupola della Roccia.

Sotto il regno di Baldovino II i Templari prosperarono. Il loro ordine, così come quello dei loro rivali, i Cavalieri Ospitalieri di San Giovanni, veniva considerato indispensabile per la sicurezza del regno, ma i suoi appartenenti
non avevano alcun obbligo diretto verso il re, poiché i loro Gran Maestri avevano la completa autorità e il comando assoluto riguardo a tutte le questioni operative. In Europa la situazione era identica. Grazie alle donazioni, l’Ordine si arricchì enormemente e divenne un’istituzione internazionale, con interessi nel campo bancario, commerciale, del
turismo, della difesa e in molte altre attività correlate.

Non essendo soggetti alla giurisdizione dei sovrani nazionali, ovviamente suscitarono invidie, soprattutto da parte di Filippo il Bello, re di Francia. Nel 1307, Filippo diede ordine che tutti i Templari del suo regno fossero arrestati
e che le loro terre venissero confiscate a beneficio della corona. Su incitamento di Filippo, il papa diede ordini analoghi alle teste coronate di tutta Europa affinché si comportassero allo stesso modo. Al più debole sospetto,
i Templari venivano immediatamente condannati come eretici e blasfemi. In molti riuscirono a sopravvivere alle torture e alle estorsioni di confessioni a cui furono sottoposti, ma il Gran Maestro Jacques de Molay e il Maestro di Normandia, Geoffrey de Charnay, vennero arsi pubblicamente sul rogo.

Una delle accuse principali che venivano mosse agli appartenenti all’Ordine era che venerassero una strana testa. Nel suo affascinante studio sulla Sindone, Ian Wilson ipotizzò che questa “testa” potesse essere la stessa Sindone, piegata in modo da lasciare visibile solo il volto di Cristo. Sfortunatamente la sua teoria, per certi versi convincente, ha perduto qualsiasi credibilità da quando la Sindone è stata sottoposta al sistema di datazione con la tecnica del carbonio e si è rivelata un falso di epoca medievale. La relazione che Wilson suggerisce tra il Mandilion e i Templari, però, probabilmente non è lontana dal vero. Se uno dei re Baldovino avesse avuto un ritratto di Gesù (un Mandilion) che riteneva autentico, si sarebbe sicuramente preoccupato della sua sicurezza, quindi la creazione di un Ordine di eletti, per molti versi strutturato sul modello dei leggendari Cavalieri del Graal della Tavola Rotonda di re Artù, che svolgessero il compito di custodi di questo tesoro, sarebbe stata decisamente opportuna.

Riflettendo su questa ipotesi, pensai che i Templari, anche se non erano in possesso della Sindone come riteneva
Wilson, dovessero comunque avere una sorta di “Graal” sotto forma del Mandilion. Incominciavo a capire che il vero arcano che circondava la leggenda del Graal, per lo meno nella forma conosciuta nella Francia e nella Germania del Medioevo, aveva poco a che fare con il britannico re Artù, ma derivava dalle tradizioni gnostiche cristiane, ancora vive nel Vicino Oriente ai tempi della prima crociata. E possibile, dunque, che qualcuno dei crociati fosse venuto a contatto con esse nel corso di quell’impresa. La storia della ricerca dei cavalieri, come quella dei Magi, divenne quindi un pretesto per il passaggio di dottrine mistiche e segrete da Oriente a Occidente. Antiochia, dove la Lancia di Longino fu ritrovata da Pietro Bartolomeo, era una delle località nelle quali queste idee avevano avuto origine, ma verso la fine dell’XI secolo era la Mesopotamia settentrionale il luogo in cui erano ancora particolarmente vive. Anche quando le terre d’Oriente passarono sotto autorità politiche e religiose diverse, certi elementi del cristianesimo gnostico sopravvissero.

Nei monasteri vetusti, nelle grotte e nelle valli abbandonate, alcuni uomini continuavano a compiere atti di devozione secondo le usanze dei tempi andati e a mantenere qualche contatto con la gnosi. Pare che fu proprio con un gruppo di queste persone, discendenti di un antico ordine chiamato confraternita dei sarmung, che Gurdjieff venne a contatto nella regione di Nusaybin (Nisibis) tra il 1880 e il 1900. Possedevo
ormai le prove che certi misteri potevano essere stati tramandati all’Occidente, quando mi furono mostrate alcune monete di Edessa risalenti ai tempi dei romani. Come scoprii in seguito, quelle monete indicavano che qualcuno era ancora a conoscenza delle religioni astrali della zona molto tempo dopo l’avvento del cristianesimo. Forse ero
sulle tracce della dimenticata “scuola dei persiani”.

 

Adrian Gilbert

 

Tratto da: I Magi di Adrian Gilbert – Harmakis Edizioni

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Gli autori protagonisti del “Caffeina Festival 2015″

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Anche quest’anno tornano i dieci giorni del Caffeina Festival. Dieci giorni di festa in cui le strade del quartiere medievale di Viterbo saranno affollate di scrittori, giornalisti, artisti di strada, lettori, giovani e famiglie, con un intenso calendario ricco di dibattiti, spettacoli, reading teatrali, laboratori per ragazzi e uno sguardo alla politica internazionale con Giovanni Masotti, ex corrispondente Rai da Londra, che coordinerà delle serate dedicate all’analisi delle macroaree Usa, Cina, Russia, Islam e altri.

20 palchi, 40 eventi giornalieri, circa 400 ospiti con le conferme dello spazio Senza Caffeina per i più piccoli e del JazzUp Festival per ascoltare i giovani talenti del panorama musicale italiano e internazionale. Ad inaugurare il festival venerdì 26 giugno il ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo Dario Franceschini che discuterà sull’attuale tema delle politiche culturali e in serata Fiorella Mannoia che si racconterà e Niccolò Fabi in “Parole e musica” a svelarci come nasce una canzone, quali sono i retroscena, gli aneddoti che precedono l’invenzione e la produzione di una canzone, di un testo e della melodia.

Novità della nona edizione sarà il Festival dell’educazione, coi direttori artistici Ulisse Mariani e Rosanna Schiralli, e con incontri tutti i giorni della manifestazione. Ci saranno laboratori delle “buone pratiche” e aprirà il ciclo la ministra dell’Istruzione Stefania Giannini, il 27 giugno, per poi continuare con lo chef Marco Bianchi dello staff di Veronesi sull’educazione alimentare e Mogol con un’iniziativa sull’importanza della musica nella formazione. Proseguono inoltre gli incontri al carcere di Mammagialla dove i detenuti incontreranno Moni Ovadia e Roberto Vecchioni.

Tra gli ospiti, Fulvio Abbate, Alberto Angela, Francesca Barra, Stefano Benni, Luca Bianchini, Francesco Bianconi, Pietrangelo Buttafuoco, Vinicio Capossela, Dario Cassini, Aldo Cazzullo, Leonardo Colombati, Gherardo Colombo, Mauro Corona, Lella Costa, Paolo Crepet, Maurizio De Giovanni, Concita De Gregorio, Erri De Luca, Teresa De Sio, Franco Di Mare, Claudia Durastanti, Niccolò Fabi, Oscar Farinetti, Fabio Genovesi, Giancarlo Giannini, l’onorevole Stefania Giannini, Giulio Giorello, Massimo Gramellini, Giordano Bruno Guerri, l’astronauta Umberto Guidoni, l’archeologo egiziano Zahi Hawass, Vincenzo Latronico, Antonella Lattanzi, Fiorella Mannoia, Dacia Maraini, Alessandro Mari, Lorenzo Marone, Luca Mastrantonio, Sebastiano Mauri, Paolo Mieli, Giovanni Minoli, Marco Missiroli, Mogol, Gianluca Nicoletti, Moni Ovadia, Ferzan Özpetek, Antonio Pascale, Marco Peano, Sergio Claudio Perroni, Francesco Piccolo, Giulio Perrone, Lidia Ravera, Pino Scaccia, Andrea Scanzi, Mattia Signorini, Simona Sparaco, Emilio Targia, Roberto Vecchioni, Fabio Viola, Matteo Viviani, Massimo Zamboni, Silvia Zucca e altri.

Lo scrittore irlandese Joseph O’ Connor sarà a Caffeina martedì 1 luglio e presenterà Il gruppo in uscita per Guanda.

Tra le novità di Caffeina 2015 da segnalare la nuova sezione “Caffeina Teatro”. Molti saranno gli spettacoli, i concerti, i reading, le performing art: dai reading letterari di Teresa De Sio, Francesco Piccolo, Pietrangelo Buttafuoco, Alessandro Haber e Maurizio De Giovanni, alle interviste/concerto di Roberto Vecchioni, Fiorella Mannoia, Niccolò Fabi e Vinicio Capossela. Dagli artisti di strada che animeranno ogni angolo della città a “Roma contro Roma” di Stefano Ciavatta e Alessandro Trocino, spettacolo/racconto a metà tra giornalismo e teatro. Dal concerto-lettura su “Il piccolo principe” con l’orchestra di Saxofoni Eòs Saxophone Project diretti da Alda Dalle Lucche al suggestivo concerto di Paolo Zanarella, il pianista fuori posto. Ma la vera grande novità dell’edizione 2015 è la nascita di #Caffeinaproduzioni, spettacoli interamente a marchio Caffeina con cui Caffeina entra a tutti gli effetti nel management dello spettacolo: “Anime migranti”, concerto/spettacolo con Moni Ovadia, Annalisa Canfora e l’orchestra di Mario Incudine e “Renuntio Vobis” di Sergio Claudio Perroni con Alessandro Haber.

Per maggiori info: www.caffeinacultura.it

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Jivan Parvani

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Jivan Parvani, fondatrice, Direttrice Artistica e Presidente dell’ Associazione e Accademia di danza Egiziana “Le danzatrici di Iside” è danzatrice, Maestra Formatrice e coreografa di notevole spessore artistico e spirituale.
La prima parte del suo percorso formativo è di tipo spirituale e inizia a 14 anni con la IMG_4551pratica dello yoga e le successive iniziazioni a diverse tecniche di meditazione. Per  dieci anni ha cercato e provato in molte tradizioni iniziatiche, poiché la sua evoluzione spirituale era tutto ciò che chiedeva alla vita: dalle tecniche Yoga tradizionali e di Osho, alla Meditazione Trascendentale… dalle mistiche danze rotanti dei Sufi e l’uso dei mantra con i nomi di Dio, alle confraternite mistiche del cristianesimo… dallo studio dell’Astrologia Karmica, che ha praticato e insegnato a lungo, alla magica iniziazione all’antica arte dei Tarocchi, avvenuta in un sogno… per proseguire con il massaggio cinese, il Reiki, il Tao Yoga, i Fiori di Bach e altri metodi di cure naturali.
Nel 1987, volle corporeizzare il suo percorso spirituale cambiando nome… divenne così Ma Jivan Parvani (Colei che celebra la Vita) come discepola di Osho Rajneesh… l’anno dopo la luce arrivò a lei, nelle vesti di sua figlia Prem Mahan Pavanello, che ne ha seguito le tracce: era felice, ma lo Yoga e la meditazione cominciarono a non appagarla più… voleva muoversi, aveva voglia di vita … era stata a meditare troppo a lungo… voleva danzare.
Come sempre la Vita risponde alle richieste di un cuore sincero così, nel 1991, durante uno dei suoi lunghi viaggi in India, fatti per approfondire lo Yoga e lo studio delle filosofie orientali, è stata iniziata alla danza Egiziana da IMG_4146Erasmia, una mistica danzatrice greca, che insieme alla tecnica le ha dato diverse “chiavi” sui significatienergetico-spirituali diquesta antica danza.
Uno strano intreccio Karmico l’ha portata ad essere iniziata in India a ciò che era la danza egiziana… un evento che l’ha sempre spinta ad unire le due antiche tradizioni…fu in India che venne incoraggiata a danzare e a seguire la sua Via. I Sadhu (sacerdoti indiani) organizzavano per lei dei concerti, che si svolgevano nei giardini dei templi o, come a Khakjuraho, all’interno dei templi stessi… così per quattro mesi si trovò a danzare nei templi e per i Sadhu, che l’acclamavano come l’incarnazione vivente delle antiche Devadasi… l’ebbrezza provocata dalla musica, dalle loro continue ovazioni le fecero provare l’intima unione con la Dea.
Una porta si era spalancata davanti a lei… l’incontro con questa danza è stato illuminante! Attraverso la danza si puòsperimentare l’estasi, lo Yoga e l’Unione con il Tutto: danzare è una forma di meditazione in movimento sulle ali della musica…
Afferrata l’essenza della danza si è dedicata con passione al suo studio teorico, culturale e alla sua pratica e, per molti anni dimenticò lo Yoga ma, facendo tesoro della sua esperienza sui chackras e sull’energia, ha elaborato un suo personale sistema di insegnamento olistico.
Ha continuando a studiare con Erasmia e ha percorso la prima parte delle sue esperienze con Roberta Bongini e Kassim Bayatly. Proseguendo poi con Suraya Hilal, famosa danzatrice-coreografa egiziana che, con il suo profondo lavoro sugli stili della danza egiziana, ha segnato la sua visione della danza mentre, dal punto di vista pedagogico e di insegnamento, si è perfezionata sotto la guida di Sabina Todaro. Ha praticato le tecniche Pilates, Feldenkrais, Alexander e l’Eutonia che applica al suo insegnamento.
Ha studiato successivamente con maestri di fama internazionale quali: Wendy Bonaventura, Zaza Hassan, Hossam e Serena Ramzy,  Mona Habib, Leyla Haddad, Amir Thaleb, Wael Mansour e Chiara saccomanno con la quale lavora e collabora attualmente.
Il suo grande bagaglio culturale e la sua costante ricerca storica, la designa come una “Custode della tradizione egiziana”, perché non solo pratica e insegna le danze tradizionali egiziane: la danza delle Ghawazi , l’Hagalla, il Sai’di, lo Zar, la danza delle Grandi Dive, la Melaya e il Beledi (la descrizione dei diversi stili si trova nella presentazione degli stage monotematici tenuti da Jivan Parvani e nel Curriculum della sua Compagnia) in uno stile poco contaminato, ma attualmente ha completato la sua monumentale opera sullo Yoga faraonico e le danze Sacre dell’Antico Egitto.

Le danze sacre dell’Antico Egitto

Questo sogno (iniziato nel 1999) la spinse verso nuovi orizzonti e studi, che si inseriscono in un lavoro di archeologia sperimentale applicata alla danza e allo spettacolo, le cui coreografie e rituali si rifanno a quelli immortalati nei dipinti e nei bassorilievi delle tombe e dei templi d’Egitto… Il risveglio della Dea attraverso le danze sacre dell’Antico Egitto sta ora colmando il suo cuore, poiché ha compreso che all’interno di ogni donna è racchiusa la sua ancestrale saggezza, la sua divinità, la sua Dea… i gesti e le movenze di queste danze, celando un simbolismo vivente, sono una delle chiavi per attivarne il Ricordo.
E’ una danza femminile nella sua essenza, ma che porta nel suo grembo le geometrie sacre e i “giusti gesti”, insegnati da Thot… una perfetta fusione delle due energie primigenie, l’aspetto statico del geroglifico e l’aspetto dinamico del movimento e della rotondità, per creare un repertorio di danze ineguagliabile per il potere energetico che sanno evocare.
Attraverso di essa, le anime legate all’Antico Egitto, potranno operare velocemente la transizione verso il “Nuovo Femminile” che si sta creando.
In questo momento, riappropriasi delle danze femminili ha la potenza di una rivoluzione delle coscienze

                                                            Acquista il Libro – Yoga Faraonico di Jivan Parvani
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ànemos – La Vita è un Soffio

Anemos copertina

Un saggio profondo che scava nelle profondità dell’anima, per scoprire perché siamo qui in questa terra e quali sono i possibili orizzonti che ci attendono nella dimensione spirituale dell’immortalità

La parola “anima” dal greco Anemos, il vento, una forza immane ma invisibile.

Permette al corpo di vivere identificandosi con il concetto stesso di vivere. Il concetto di anima è visto in tutte le culture come una parte essenziale del creato e della natura sempre identica a se stessa.

Non è separabile dal corpo, ma legata ad esso.

Questo concetto ha generato dubbi sull’immortalità dell’anima quando si libera dal corpo: una volta privata del suo involucro corporeo, l’anima secondo alcuni diventa un’ombra, priva dell’individualità che la rendeva unica quando era unita con il corpo.

Con Platone l’anima viene collocata in un luogo di scoperta e manifestazione dell’Assoluto, compresa tra realtà corporea e dimensione spirituale.

Il vivere in questa terra è una vita obbligata in cui aspira solo al liberarsi del vincolo corporeo.

Indice

Introduzione

  • La ricerca della felicità
  • Liberi di esistere
  • Come nasce un amore
  • La ricerca della verità
  • Il cammino dell’anima per gli antichi egizi
  • Anima e sciamanesimo
  • Amore e psiche, un mito immortale
  • Karma e reincarnazione
  • Entanglement, sincronicità ed esp: «La nostra anima comunica con noi!»
  • Kabbalah, il potere dell’anima
  • Sufismo, la via del cuore Animus e anima
  • L’iniziazione ad Osiride
  • La religione della luce
  • L’anima e piatone
  • Ipazia da Alessandria filosofa e martire
  • Le origini dell’antica chiesa copta d’egitto
  • Mose l’egizio
  • I vangeli gnostici un ‘altra visione di Gesù Cristo
  • I sette specchi esseni

ànemos – di Leonardo Paolo Lovari – Harmakis Edizioni

  • Data pubblicazione: Maggio 2015
  • Formato: Libro – Pag 147 – 16,5×23
  • ISBN: 9788898301188
  • Prezzo € 16

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Trailer: Le Confessioni di un Illuminato Volume 4 di Leo Lyon Zagami

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TAVOLA DEI CONTENUTI
LEO LYON ZAGAMI
LE CONFESSIONI DI UN ILLUMINATO VOL.4
Capi Segreti e Superiori Sconosciuti
Chi tira le fila del potere occulto dal mondo alieno

Prefazione del Cav.Luca Monti

Introduzione dell’Autore

CAPITOLO I

CHI E’ IL MAESTRO INVISIBILE

GLI ANTENATI ALIENI DI GESU’?…

UN PRIMO ACCENNO’ AGLI “STARGATE” MULTIDIMENSIONALI

MOSE’ IL PRETE DI OSIRIDE E LA SUA GUIDA ALIENA

LA DOTTRINA DELL’IMMORTALITA’ NEGLI ILLUMINATI

IL SOGGIORNO NEL SINAI, IL CONTE DI CAGLIOSTRO E I 40 GIORNI

LETTERA,VALORE NUMERICO E NOME DIVINO NELL’ISLAM DEL DAWA

MOSE’ SI ILLUMINA…

UN NOBILE VIANDANTE

IO SONO COLUI CHE E’

LA POLITICA “ALIENA” DI YAHWEH IL DOMINATORE ASSOLUTO DEGLI EBREI

KOOT HOOMI, IL CAPO SEGRETO DELLA BLAVATSKY

WEWELSBURG IL PORTALE ULTRADIMENSIONALE DI LUCIFERO

CAPITOLO 2
LA MIA ESPERIENZA: DA CAGLIOSTRO ALLO STARGATE DEGLI ALCHEMISTI PASSANDO PER IL GRAN LIBRO DELLA NATURA

CAGLIOSTRO IL MIO CAPO SEGRETO E MAESTRO INVISIBILE

“UN INDAGATORE DEL MISTERO DELL’UNIVERSO” E L’ILLUMINAZIONE

IL POTERE DELLA MAGIA NELLA MIA INFANZIA

L’APERTURA DEL GRAN LIBRO DELLA NATURA

LA RICERCA DEL PROFONDO E LO STARGATE

MIO PADRE MI SPIEGA LA MASSONERIA OCCULTA…CHE NON E´ QUELLA SOCIALE

MORIRE E RINASCERE NELL’INIZIAZIONE

DOVE SONO FINITI I VERI MAESTRI?

IL QUANTO: MISTERIOSA PORTA D’ACCESSO ALLA MULTI DIMENSIONALITA’ ?

CAPITOLO 3
GLI UFONAUTI E IL VAPIRISMO “ALIENO”

CON CHORONZON SI APRONO LE PORTE DELL’INFERNO NEL 1909

GLI UFONAUTI E IL CODICE SEGRETO DEGLI ILLUMINATI

GREENFIELD L’UFOLOGO DELL’O.T.O.

GREENFIELD E IL VAMPIRISMO ALIENO

PARASSITI ALIENI E L’EGGREGORA

ALDEBARAN SUGLI EGGREGORI E LE CATENE OCCULTE

AVVERTIMENTI SULLA MAGIA “ALIENA” E IL SEGRETO DELLA VOLONTA’

OPERAZIONE ALAMANTHRA:CROWLEY E IL PRIMO GRIGIO…

KENNETH GRANT E IL CULTO ALIENO DEL LAM

CAPITOLO 4
DAVID ICKE, RETTILIANI, VRIL E LINEE DI SANGUE AL SERVIZIO DEI CAPI SEGRETI

IL FATTORE MULTIDIMENSIONALE E DAVID ICKE

DAVID ICKE E I “RETTILIANI”

LA VERITA’ SUI RETTILIANI: VAMPIRI MULTIDIMENSIONALI

DALL’INCIDENTE DI ROSWELL ALLE ABDUCTION PASSANDO PER IL SATANISMO

ARCANA ARACANORUM

IL LOKA E IL TALA = L’ INFERNO E IL PARADISO DEI TEOSOFI

LE ORIGINI OCCULTE DI SCIENTOLOGY

IL VRIL ….

I CAPI SEGRETI SEGRETI DELLA GOLDEN DAWN E L’ANGELO CUSTODE DELL’O.T.O.

COME NASCE LA SOCIETA´ SEGRETA VRIL GESELLSCHAFT

IL VRIL E LE SUE DAME

NWO:IL RUOLO DEI GENI “ALIENI”

I JINN IN RELAZIONE AI RETTILIANI

GLI ILLUMINATI, LE LINEEE DI SANGUE E LA “TECNOLOGIA DI DIO” DEI JINN

USO MAGICO DEL CORANO

CAPITOLO 5
IL “MATRIMONIO CON LA FATA” E IL MISTERO DEGLI ELEMENTALI

ALIENI O ALTRO? IL PUNTO DI VISTA DI UN ATROPOSOFO

GLI ELEMENTI E I SPIRITI ELEMENTALI

I RETROSCENA DELL’UFOLOGIA NEL SUO INCONTRO CON IL PASSATO

LE SCIENZE SEGRETE DEL CONTATTO ALIENO….

SPERMA DIABOLICO E LO STRANO RAZZISMO DEL CONTE
IL POTERE DEGLI ELEMENTALI, ELETTRO- MAGNETISMO E PORTALI
LE RADURE: LUOGHI DI POTERE

CAPITOLO 6
I GENI “ALIENI” DELL’OCCULTISMO

SACRIFICI UMANI E DOTTRINE INQUIETANTI DIETRO ALLE ENTITA’

L’ESPERIMENTO…

SUGLI ILLUMINATI DELLA MIRIAM E LE RIVELAZIONI DEL GRUPPO AGAPÉ PROMETEO

DA ZUCCOTTI ALLA GRECIA DEGLI ILLUMINATI

L’ESPERIENZA DI UN AMICO

I SEGRETI DEL FASCICOLO D

QUALCHE STRALCIO DEL FASCICOLO D

I SEGRETI DELLA LA MAGIA SESSUALE DEGLI ILLUMINATI

LE CONFERME DE LO SPUTO DELLA LUNA…

CAPITOLO 7
POLITICA ESOTERISMO E ENTITA’

GLI ILLUMINATI E LA NASCITA DEL COMUNISMO

ROMA, 5 MARZO 2014

LE “RIVOLUZIONI”

LE RIVOLUZIONI E IL COMUNISMO DEGLI ILLLUMINATI

FASCISMO SEGRETO: QUELLO CREATO DALLA MASSONERIA E GUIDATO DAI GESUITI

IL MESSIA: UN RE O UN PAPA O MAGARI UN RICCO EBREO?

COSA LEGA LO SPIRITISMO, I ROSA+CROCE, E L’UFOLOGIA?

GLI SPIRITI

L’UFOLOGIA APPRODA UFFICIALMENTE IN VATICANO

VADEMECUM DEL CUN… NO GRAZIE

IL CAVALIERE UFOLOGO DEL VATICANO

IL FINE ULTIMO,L’ALCHIMIA DELLA REINTEGRAZIONE, E IL PENTAGONO

Postfazione del Cav.Fortunato Luciano Sciandra

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La lettura nell’epoca di Twitter

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Se il mondo è oramai globale e la lettura deve aprirsi a nuovi orizzonti, quale modo migliore se non scegliere il canale social?

“Faccio parte di un gruppo di lettura con 110 mila iscritti”. Impossibile? No, se il gruppo in questione si chiama #1book140. #1book140 è uno dei tanti e tra i  più seguiti gruppi di lettura che hanno scelto come sede twitter.

Se il mondo è oramai globale e la lettura deve aprirsi a nuovi orizzonti, quale modo migliore se non scegliere il canale social? In 140 battute si può esprimere la propria opinione su un libro scelto dalla community e a cui si sono dati dei tempi di lettura di discussione ben precisi. Ogni gruppo di lettura (GDL) ha delle sue regole, ma in linea di massima seguono tutti la stessa direzione.

In #1book140, per esempio, il libro viene proposto dai partecipanti la prima settimana del mese e poi votato dalla community. Una volta fatta la scelta, i moderatori decidono i tempi per la discussione di ciascun capitolo e l’hashtag da inserire. Così come per i GDL tradizionali, anche per quelli dell’epoca social, la Gran Bretagna e i paesi ispanici hanno il primato per numero e partecipanti. L’Italia è ancora in una fase iniziale, ma già ci sono esperimenti ben riusciti. Ne è un esempio, @TwoReaders. Ideatrici e animatrici del gruppo sono Laura Ganzetti e Letizia Cianchcetta. @TwoReaders propone un titolo, regole e ritmo di lettura. Ogni lettore ha a disposizione due tweet al giorno di citazione e commento nei quali si discute del libro. I partecipanti non si conoscono e non si scelgono come potrebbe invece accadere per un gruppo di lettura tradizionale privato. I protagonisti sono l’opera e quello che l’opera suscita.

Pochi giorni fa, Luigi Gavizzi postava in gruppodilettura.wordpress.com un’interessante riflessione sulla necessità di rendere i GDL più pubblici, intendendo con pubblico due definizioni: “la prima riguarda la disponibilità, anzi la volontà, persino l’urgenza, di attirare nuovi lettori. La seconda, strettamente collegata alla prima, riguarda il bisogno, la volontà di comunicare del gruppo di lettura: comunicare quello che legge, come lo legge, le differenti letture e interpretazioni che la lettura condivisa nel gruppo genera”. Il limite (se così si può definire) del gruppo di lettura tradizionale, infatti, risiede solitamente nel suo essere un’alcova protetta e il renderlo aperto a possibili contaminazioni potrebbe provocare un corto circuito. Ma se si vuole che il libro torni a baciare la fronte di tanti, è necessaria un’apertura dei lettori forti verso il mondo esterno.

In questa battaglia moderna, chi più del social potrebbe riuscire nell’impresa? In un contesto in cui si è sempre connessi, il web non poteva non accogliere questa nuova sfida. I social network, ancora una volta, si incrociano e convivono. Twitter rimanda a Facebook per quello che in un tweet non si può scrivere e Facebook rimanda a twitter per il gruppo di lettura. Il GDL spagnolo @Club_de_lectura, che ha oggi all’attivo 2.800 tweet, usa, per esempio, Facebook per la votazione dei libri proposti. Ogni mese sono postate le copertine delle opere suggerite e quella che ottiene più “me gusta” diventa la lettura del mese.

A fine 2013, il social del cinguettio ha raggiunto 241 milioni di iscritti (nello stesso periodo Facebook ne aveva 1,2 bilioni) quanti di questi parteciperanno nel prossimo futuro a un gruppo di lettura social è una sfida tutta aperta.

(di Federica Rondino)

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Gli italiani? Meno libri, meno film, ma più mostre e serate a teatro

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Ecco come stanno cambiando i “consumi culturali” degli italiani (secondo l’Istat)


Fine anno, tempo di bilanci. E di risposte a domande del tipo: come stanno cambiando i “consumi culturali” degli italiani? Stando all’Annuario statistico dell’Istat, che considera il 2013 e il 2014 (anni di recessione per l’Italia, va ricordato), nel nostro Paese è in calo l’interesse per il cinema, mentre si tende a uscire di più di casaper andare a teatro (qui prevale un pubblico femminile) o a vedere un concerto.

Aumenta anche l’interesse per mostre e musei (1,8 milioni di visitatori in più nel 2013 rispetto al 2012). In particolare, nel 2014 il 62,6% della popolazione ha assistito ad almeno uno spettacolo o ha visitato musei e mostre (nel 2013 la percentuale era pari al 61,1).

Quanto alla televisione, resta l’attrazione preferita, in particolare dai bambini e dagli anziani. Non calano gli affezionati della radio (resta un’abitudine per il 56,7% della popolazione).

In discesa, invece, la lettura di libri e quotidiani.

Gli italiani? Meno libri, meno film, ma più mostre e serate a teatro

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Natale 1914. Quella festa nella terra di nessuno

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Venerdì 25 dicembre 1914, Belgio, settore settentrionale del fronte occidentale, trincee delle Fiandre, sud di Ypres: è il primo Natale della Prima Guerra Mondiale. Nelle trincee contrapposte si affrontano tedeschi da una parte, francesi e inglesi dall’altra. Sono passati cinque mesi dall’inizio della guerra. I combattimenti si sono rapidamente trasformati in una logorante guerra di posizione, ma molti sperano ancora che il conflitto si possa risolvere in pochi mesi. (…) Intorno a Ypres si combatté ininterrottamente per tutti i cinque anni della Prima Guerra Mondiale. Soltanto in questo luogo, tra il 1914 e il 1918, persero la vita 500 mila inglesi e altrettanti tedeschi. In tutto la Prima Guerra Mondiale portò alla morte oltre 9 milioni di combattenti, a cui vanno aggiunte oltre 7 milioni di vittime civili.

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Nel pieno di questo orrore, nella notte di Natale del 1914 avvenne qualcosa di impensabile: ci fu una tregua. Non fu ordinata per un accordo tra i comandi dei due schieramenti, fu una tregua spontanea dichiarata dai soldati francesi, inglesi e tedeschi. La notte di Natale qualcuno nelle trincee si mise a intonare canti della tradizione natalizia e i soldati scoprirono che, pur con parole diverse, si trattava delle stesse melodie. Le luci delle candele furono poste sui bordi delle trincee. Qualcun altro propose di smettere di sparare. Sorprendentemente la proposta fu accettata, e i soldati sui due fronti uscirono allo scoperto e si incontrarono nella “terra di nessuno”. Si parlarono, si strinsero la mano, si abbracciarono, fu celebrata una Messa. La mattina di Natale seppellirono i caduti delle due parti e ci fu una funzione funebre. I soldati fumarono e cantarono insieme, talvolta si scambiarono auguri e doni, capi di vestiario e bottoni delle divise, cibo, tabacco, fotografie degli amici, delle famiglie e ricordi del tempo di pace.

Come è facile immaginare, questi eventi non furono ben visti dagli ufficiali superiori. Un avvenimento del genere era contrario ai princìpi militari e non avrebbe dovuto più ripetersi. Nei giorni seguenti si sostituirono le truppe al fronte con altre unità, e quelle protagoniste della tregua furono spostate in altri settori, cancellando la memoria dei fatti. Una parte dei documenti che testimoniavano gli accadimenti, fotografie e lettere dal fronte, furono distrutti. Alcuni lo furono deliberatamente, altri si persero nei successivi avvenimenti della storia. (…) Non tutte le lettere però andarono distrutte. Molte furono pubblicate dai giornali dell’epoca, talvolta corredate da fotografie degli eventi, e quindi sono ancora visibili negli archivi delle redazioni. Le testimonianze ancora oggi reperibili non si limitano alle lettere: presso l’Imperial War Museum di Londra oltre ai documenti originali sono ancora conservate le registrazioni su nastro magnetico con le dichiarazioni dei testimoni oculari raccolte negli anni successivi.

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La ricerca nelle redazioni

Ci sono testimonianze dirette e alcune fotografie degli incontri tra i soldati, dello scambio di doni, delle strette di mano. Ci sono notizie delle sepolture dei caduti dei due schieramenti, e di una funzione religiosa celebrata da un cappellano scozzese. (…) In Germania le lettere dei soldati dal fronte furono pubblicate solo in qualche raro caso, mentre in Francia non se ne fece parola. Molti dei giornali inglesi le pubblicarono, con rare tracce di censura, e per questo motivo oggi esse sono ancora reperibili. Ci furono giornali che ne pubblicarono la notizia in prima pagina, corredata delle fotografie degli incontri, (…) come il Daily Mirror dell’8 gennaio 1915. Il titolo era: “Un gruppo storico”: erano soldati inglesi e tedeschi fotografati insieme.

(…) L’ultimo veterano che ha visto e udito personalmente il cessate il fuoco delle armi il giorno di Natale del 1914, è morto il 21 novembre 2005 all’età di 109 anni. Si chiamava Alfred Anderson, era nato a Dundee il 25 giugno 1896, e aveva 18 anni quando si svolsero i fatti. (…) Per tutta la vita si era ricordato di quello straordinario giorno. Le citazioni della tregua di Natale sono comunque molteplici. Il regista francese Christian Carion vi si ispirò nella realizzazione del suo film Joyeux Noël. (…) La tregua di Natale appare nel video della canzone Pipes of Peace di Paul McCartney (1983), nel film Oh, che bella guerra! di Richard Attenborough (1969), nelle composizioni di alcuni cantautori e in alcune opere teatrali.

Una delle fonti più interessanti, tuttavia, è costituita dal sito web Operation Plum Puddings: The Christmas Truce. Si tratta della raccolta di lettere dal fronte di soldati che narrano di questi eventi, nato dalle ricerche condotte da due giornalisti inglesi, Alan Cleaver e Lesley Park, che nel 1999 le raccolsero per la stesura di un libretto dedicato alla tregua di Natale 1914, intitolato Plum Puddings For All, ormai esaurito da tempo e non più ristampato. Le lettere erano state reperite sui giornali dello Hampshire, o dai ricordi personali degli uomini che le avevano scritte. Il lungo lavoro di ricerca li rese coscienti dell’enorme fonte di informazioni dimenticate negli archivi dei giornali (…). I due autori decisero quindi di dare vita a un sito web, con l’obiettivo di pubblicare le lettere (…).

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Immersi nel fango

Alcuni lettori furono contagiati dai racconti che vi emergevano e si offrirono di proseguire il lavoro. Nel 2009 sul sito ne erano state trascritte più di 80 provenienti da quotidiani del Regno Unito. Queste lettere costituiscono una sorprendente fonte di informazioni sulla tregua e meritano di essere preservate per le future generazioni. Benché si tratti di interessanti testimonianze di prima mano, occorre ricordare che le lettere non possono essere considerate come documenti storici. (…) Molte di queste furono portate ai giornali proprio dai familiari attoniti che le avevano ricevute. Non si può dunque escludere che i redattori dei giornali, nella fase di pubblicazione, abbiano deciso di tagliare o in parte modificarne il testo, per renderle più appetibili al pubblico al quale si rivolgevano, generando quindi degli apocrifi.

(…) Molti si chiedono se tutto sia veramente accaduto, perché e come sia stato possibile. Le lettere dei soldati al fronte erano spesso molto simili, parlavano della vita di trincea, della loro salute, del freddo e della morte. Improvvisamente, dopo il Natale 1914, cominciarono ad arrivare questi racconti che narravano la pace che inspiegabilmente si era creata davanti alle loro trincee. I dettagli erano gli stessi: i canti natalizi, l’incontro nella “terra di nessuno”, lo scambio di cibo, tabacco, sigarette. E così i giornali inglesi cominciarono a pubblicarle. Ne parlò persino Arthur Conan Doyle, il creatore di Sherlock Holmes, sottolineando che questa non era stata solo una storia incredibile, ma un episodio di umanità in mezzo agli orrori della guerra, fonte di meraviglia e di ispirazione. Lo stupore dei soldati di fronte a quello che era accaduto davanti ai loro occhi è evidente nei loro scritti. In molte delle lettere sembra quasi che loro stessi abbiano timore, nel raccontarlo, di non essere creduti (…): «Prova soltanto a pensare che mentre tu stavi mangiando il tacchino, io stavo parlando e stringendo le mani agli stessi uomini che solo qualche ora prima stavo tentando di uccidere». Di sicuro la situazione che si era creata fu favorita dal fatto che i soldati, da entrambe le parti, vivevano nelle stesse condizioni, immersi nel fango, nell’acqua che spesso saliva oltre il ginocchio, dormivano sulla paglia, in buche scavate nella nuda terra, soffrivano il freddo. (…) Le loro trincee distavano poche centinaia di metri da quelle del nemico, con il quale condividevano le condizioni climatiche, il fango e il freddo, gli stessi dalle due parti del fronte. (…)

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Una ragione evidente

Il secondo presupposto determinante che nel 1914 rese possibile un avvenimento di tale portata fu il riferimento, comune a entrambi gli schieramenti contrapposti, alle radici cristiane dell’Europa. Per alcuni di loro, come il sergente Bernard Joseph Brookes, il motivo era evidente. E così ce lo spiega, nelle pagine del suo diario: «È stato davvero un Natale ideale, e lo spirito di pace e buona volontà era stridente in confronto con l’odio e la morte dei mesi precedenti. Uno apprezza davvero in una nuova luce lo spirito del cristianesimo. Per questo è stato certamente meraviglioso che un simile cambiamento nel comportamento dei due eserciti opposti possa essere stato generato da un evento che è accaduto una notte di duemila anni fa».

Quanto fu ampia la tregua? Oggi è difficile rispondere con certezza, ma certamente parecchie centinaia di soldati nella zona intorno a Ypres vi presero parte. Non accadde su tutto il fronte. (…) Quello che accadde il giorno di Natale non fu quindi il diffondersi rapido di un sentimento di buona volontà lungo le linee, ma piuttosto una serie di iniziative individuali intraprese in luoghi e tempi diversi. In altre parti del fronte occidentale non ci fu alcuna tregua (…). Nella maggior parte dei casi la tregua durò soltanto due o tre giorni, mentre in altri casi proseguì fino al nuovo anno. Le lettere arrivate fino a noi raccontano, ad esempio, che fu più facile per i soldati inglesi entrare in contatto con i reggimenti composti da soldati sassoni o bavaresi. I prussiani furono più restii ad accettare la tregua, e talvolta non la rispettarono, aprendo il fuoco sui soldati nemici (…). Un caporale tedesco, che aveva passato la notte nei sotterranei di un’abbazia vicino a Ypres, quando seppe che alcuni dei compagni avevano stretto la mano agli inglesi, scrisse nel suo diario: «Dove è andato a finire l’onore dei tedeschi?». Il diario sarebbe stato pubblicato alcuni anni dopo, con il titolo Mein Kampf, e il nome del suo autore era Adolf Hitler. La reazione dei comandi superiori fu furiosa. Avevano previsto tutto, eccetto l’imponderabile, e cioè il fattore umano. (…) Il nemico, l’uomo che quei soldati avevano davanti, e che in quella mattina di Natale guardavano finalmente negli occhi, era riscoperto dentro a un’evidenza diversa, non poteva non essere riconosciuto se non come uno di loro. (…)

Il fatto che la notte di Natale del 1914 alcune migliaia di uomini che si combattevano sui campi delle Fiandre uscirono dalle loro trincee e si incontrarono e si strinsero le mani a mezza strada, costituisce ancora oggi una potente fonte di ispirazione. Nei mesi e negli anni che seguirono quel giorno, molti dei protagonisti di questi fatti straordinari sarebbero stati uccisi (…). Forse, la tregua di Natale fu possibile solo perché la perdita di umanità non aveva ancora fatto presa nelle loro anime: la memoria del Natale aveva ancora spazio nei loro cuori, e più di ogni altra cosa, le radici cristiane dell’Europa erano ancora una cosa viva. (…) Proprio per questo non dobbiamo dimenticarle, e questi fatti meritano di essere ricordati, o meglio celebrati, come un inno alla speranza. E non c’è modo migliore di farlo che ascoltarne il racconto dalle parole di coloro che, cento anni fa, ne furono protagonisti.

Antonio Besana

http://www.tempi.it/natale-1914-quella-festa-nella-terra-di-nessuno#.VIl34Hu1N_A

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I Misteri della Pietra del Destino

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Chiamata anche Pietra di Scone o Pietra dell’Incoronazione, la Pietra del Destino (in inglese, Stone of Destiny, Stone of Scone oppure Coronation Stone) è un grande masso grossolanamente squadrato di arenaria rossa, in forma parallelepipeda, dai profondi significati simbolici.

Essa si trovava originariamente a Scone, piccolo villaggio della Scozia centrale da cui ha preso il nome, ed era la pietra sulla quale furono incoronati tutti i re scozzesi a partire da Kenneth I fino a Carlo II. Successivamente, quando nel 1296 la Scozia venne annessa al Regno Unito, il re Edoardo I deportò la pietra a Londra ed essa venne utilizzata per le incoronazioni dei Re d’Inghilterra. Per questo la pietra venne inglobata nel Trono dell’Incoronazione (Coronation Chair) che si trova a Westminster Abbey.

La pietra ha fatto ritorno in Scozia solo in un periodo recente, nel 1996, dopo una decisione governativa maturata in conseguenza del crescente dissenso tra gli Scozzesi riguardo la costituzione parlamentare. È stato stabilito che la pietra resti in Scozia, dove è attualmente (2012) conservata all’interno del Castello di Edimburgo, nella Sala dei Gioielli della Corona scozzese, e che verrà riportata a Londra soltanto in occasione delle incoronazioni.

Fin qui, dunque, sembrerebbe che la pietra sia solamente uno dei tanti simboli dell’identità nazionale e dell’orgoglio scozzese, al pari del kilt e della Croce di S. Andrea, ma scavando a fondo nella sua storia e nelle sue origini, si scoprono in realtà molte più cose, e sorgono collegamenti a prima vista impensabili. Nell’articolo, nato dalla disamina di diverse fonti, ci addentreremo nei significati più occulti della pietra, e cercheremo di rispondere alle seguenti domande: cosa c’entra la pietra con le presunte origini giudaiche della popolazione scozzese? Perché, nonostante sia un forte motivo di orgoglio nazionale, la restituzione della Pietra non è mai stata più di tanto caldeggiata dalla Scozia? Era davvero originale la pietra deportata da Edoardo I oppure venne abilmente “truffato”? E se fu così, dove si troverebbe oggi la vera Pietra del Destino e che ruolo ebbero i Cavalieri Templari in questa vicenda? E ancora: ci sono collegamenti tra la pietra e le “correnti telluriche”, legate alle cosiddette “energie della Terra”? Quali legami ci sono tra la pietra, il Santo Graal e la tradizione esoterica della Stirpe Divina? Per rispondere a tante domande, non resta che scavare nel mito e nella tradizione simbolica, cominciando, ovviamente, dal punto iniziale: le sue origini.

Origini bibliche: il “Cuscino di Giacobbe”

Le leggende più antiche che riguardano la Pietra di Scone sostengono che essa sarebbe nient’altro che la pietra che Giacobbe pose sotto il suo capo come cuscino (e sulla quale ebbe il sogno profetico sulla sua discendenza e la famosa visione della scala tra terra e cielo) e che successivamente, al suo risveglio, unse con olio sacro dichiarando il luogo, e la pietra stessa, “casa di Dio” (beth-el). Il passo biblico citato si trova nel libro della Genesi (cap. 28, versetti 10-22) ed è uno dei passi più ricchi di riferimenti simbolici, di cui è stato tanto scritto, a cominciare dall’illustre esoterista francese René Guénon, e di cui abbiamo ampiamente parlato nella pagina dedicata al Bethel. Non ripeteremo, dunque, le considerazioni già fatte in quella sede, ma ribadiremo soltanto il concetto che questa pietra, al cui interno si ritiene “risiedere” Dio, posta da Giacobbe a demarcazione di un luogo consacrato e consacrata essa stessa è divenuta un omphalos, un marcatore di un centro sacro, un po’ come lo sono, simbolicamente, gli obelischi nei quali gli antichi Egizi ritenevano albergasse Ra, il dio del Sole.

Nel racconto biblico, il “Cuscino di Giacobbe” diventa successivamente la “Pietra dell’Alleanza“, simbolo del patto tra Dio e Giacobbe al quale ha assicurato una lunga discendenza, la garanzia che la linea di sangue di Davide durerà nei secoli. Quando Nabucodonosor invase Gerusalemme, ne fece deportare il re Zedechia a Babilonia, e lo fece accecare. Ordinò inoltre l’uccisione di tutti i suoi figli, affinché la casa di Davide fosse privata di ogni erede. Ma ciò non avvenne in pieno, perché una delle figlie del re, la principessa Tamar, fu tratta in salvo dal profeta Geremia, che insieme al suo scriba Baruch prese la donna e la trasse in salvo, fuggendo verso l’Europa. Geremia portò con sé anche la Pietra dell’Alleanza, e insieme ad essa giunse in una località sulle coste irlandesi che venne chiamata Tara.

La Pietra di Tara, Tara Hill (Irlanda)

Nel folklore irlandese, questa è l’originale Lia Fàil,
la Pietra del Destino, originariamente destinata a suggellare
le incoronazioni dei re d’Irlanda. A nostro avviso, però, si tratta più che altro
di un riferimento simbolico, in quanto la pietra, per la sua forma particolare,
appare alquanto inadeguata affinché un re vi si sieda o vi si inginocchi sopra…

Tamar crebbe, ed essendo di sangue reale e discendente di Davide, fu chiesta in sposa dal reggente locale, il Re Supremo Eochid (secondo altre tradizioni, il suo nome era Heremon). Da allora, tutti i regnanti d’Irlanda sono stati incoronati sopra l’antica pietra di Giacobbe, che da allora divenne nota come Pietra del Destino (in latino, Saxum Fatale), o Lia Fàil [1]. Secondo la tradizione scozzese, intorno al 500 d.C. la Pietra dell’Incoronazione passò dall’Irlanda alla Scozia, per mano del sovrano Murtagh MacErc che la prestò al fratello Fergus, per la sua incoronazione come sovrano del regno di Dalriada, futura Scozia. Fergus MacErc di Dalriada fu il primo re Scozzese ad essere incoronato sulla Pietra del Destino e da allora la tradizione è stata sempre mantenuta.

La Pietra nel Medioevo: dall’Abbazia di Scone a Westminster

Edoardo I d'InghilterraLa Pietra del Destino venne affidata ai canonici regolari Agostiniani che la conservarono all’interno della loro abbazia in Scone, presso Perth [2]. Quando, nel 1296, Edoardo I d’Inghilterra si proclamò Re di Scozia, in seguito all’annessione della stessa, prelevò la pietra da Scone e la fece portare a Westminster Abbey, dove venne inglobata in un trono che cominciò ad essere usato nelle cerimonie di incoronazione (la Coronation Chair).

Tuttavia, sono in molti tra storici e ricercatori a sostenere l’ipotesi che la pietra consegnata dall’abate al re Edoardo non era la vera Pietra del Destino, ma un falso, e che la vera pietra fosse stata abilmente nascosta dai monaci.

La teoria si basa in larga parte sulla costatazione che tutte le fonti più antiche che parlano della Pietra la descrivono in modo diverso da come la si vede oggi. Secondo questi documenti, la pietra doveva essere molto più grande (secondo alcune fonti era stata scolpita in forma di trono), aveva molte incisioni su di essa e, soprattutto, era di colore scuro (per alcuni, di marmo nero). La pietra di Westminster è composta di arenaria rossa, una pietra molto comune nella zona di Scone, dalla quale proveniva, ma inesistente sia in Irlanda, sia nell’antica Giudea. Questo significa che se la pietra di Westminster è la vera Pietra del Destino, le leggende circa le origini giudaiche (come “cuscino di Giacobbe”) e la provenienza irlandese sono prive di fondamento, mentre se è vera la teoria del “falso” (e quindi se i monaci, messi alle strette, avessero davvero cavato una delle pietre locali, magari dalla costruzione stessa), ogni ipotesi sulle origini della pietra rimangono in auge.

Forma e dimensioni non sono l’unico elemento a favore dell’ipotesi della “truffa” ai danni del Re. C’è da rimarcare il fatto, comprovato, dello scarso interesse che gli Scozzesi hanno sempre dimostrato nei confronti della Pietra da quando essa è stata deportata in Inghilterra, nonostante l’importanza che essa aveva avuto per loro in precedenza. Nel corso delle trattative che culminarono nel Trattato di Northampton, del 1328, che sancì la definitiva indipendenza della Scozia, gli Inglesi offrirono la restituzione della Pietra ma gli Scozzesi non la caldeggiarono troppo, insistendo invece su altre reliquie come la Croce Nera di Santa Margherita e le regalie della corona scozzese. La Pietra venne nuovamente offerta nel 1329 e nel 1363, ma gli Inglesi non ottennero mai una replica. Gli studiosi contrari alla teoria della sostituzione giustificano questo fatto dicendo semplicemente che la Pietra non ha mai avuto una vera e propria importanza per il popolo scozzese, e che invece il loro presunto attaccamento verso di essa era soltanto il frutto di una montatura propagandistica del re Edoardo e dei suoi fedeli per celebrare la sua vittoria in Scozia. I fautori della truffa, invece, sostengono che la vera pietra non ha mai lasciato la Scozia, nascosta in un luogo sicuro, e che gli Scozzesi, fieri per natura e sicuri di questo fatto, non si curavano di una rozza pietra squadrata buona solo per le costruzioni.

Statua di Robert the Bruce

Statua di Robert the Bruce

Castello di Stirling, Stirling (Scozia)

È noto dalle cronache dell’epoca che Robert the Bruce, protettore dei Cavalieri Templari dopo la condanna dell’Ordine e reduce dalla battaglia vittoriosa di Bannockburn del 1314 nella quale altre leggende riferiscono che i Templari superstiti ebbero una parte fondamentale, venne incoronato re di Scozia nel pieno rispetto della tradizione, è quindi è sottinteso che ciò avvenne sulla Pietra di Scone. Su alcuni sigilli originali del Re, uno dei quali si trova appeso al “Cartiglio di Melrose” del 1317, si vede chiaramente Robert the Bruce seduto su un seggio squadrato di qualche tipo.

Gli autori Karen Ralls-MacLeod e Ian Robertson [3] riportano un ulteriore episodio noto alle cronache, secondo cui il Re, ad un certo punto, dovette essersi accorto di essere stato turlupinato. Al suo arrivo in Inghilterra con la pietra, infatti, pare che egli avesse ordinato la fabbricazione di un sontuoso trono in bronzo entro il quale la Pietra del Destino avrebbe dovuto essere incastonata. Del lavoro fu incaricato Mastro Adam, rinomato fabbro di corte. Pare che, però, ad un certo punto, nel 1298, quando il lavoro era giunto a circa la metà, il Re avesse cambiato improvvisamente idea. Un gruppo di Cavalieri fu inviato nuovamente a Scone dove rivoltarono l’abbazia da cima a fondo, in cerca di qualcosa che però non fu trovata. Al loro ritorno il re sospese la realizzazione del trono bronzeo ed ordinò, invece, una più modesta sedia in legno dipinta, affidata al Maestro Walter il Pittore, al modico prezzo di 100 scellini. La sedia in legno è quella che ancora oggi si trova all’interno di Westminster Abbey.

Se la pietra data al re era veramente un falso, dove si trovava la vera Pietra del Destino? Questa è un’altra questione aperta, perché nessun’altra pietra dalle caratteristiche assimilabili a quelle della Pietra di Scone è stata mai trovata apertamente esposta. Secondo alcune ipotesi, la pietra venne nascosta dai monaci sotto il fiume Tay. Altre ipotesi suggeriscono che il Re stesso affidò la custodia della Pietra ai Cavalieri Templari e che da essi o, meglio, dai loro discendenti moderni, sia ancora custodita da qualche parte in Scozia pronta ad essere tirata nuovamente fuori quando la Scozia ridiventerà indipendente dal Regno Unito.

Il ratto del 1950 e la teoria della sostituzione

Se della “truffa” del 1328 esistono soltanto illazioni, vi è stata un’altra occasione in cui la Pietra del Destino potrebbe essere stata sostituita, e ciò è avvenuto in tempi relativamente recenti, nel 1950. Durante il giorno di Natale di quell’anno, quattro giovani studenti, uno dei quali fortemente seguace del Nazionalismo scozzese, penetrarono in Westminster Abbey e rimossero la pietra dal Trono dell’Incoronazione, portandola via. In questa operazione, la pietra si spezzò in due. Nascosta nel baule di una macchina presa in prestito, gli studenti trasportarono clandestinamente la pietra in Scozia, dove un abile tagliapietre locale, Robert Gray, venne incaricato della riparazione. La pietra fu tenuta nascosta per alcuni mesi, cercata senza successo dalla Polizia incaricata dal Governo Britannico, finché non ricomparve spontaneamente l’11 Aprile del 1951, piazzata sull’altare dell’Abbazia di Arbroath [4]. La Pietra venne così riportata a Londra, e ricollocata sotto il trono. Tuttavia, Gray dichiarò successivamente, e provocatoriamente, che negli anni ’30 aveva realizzato numerose copie della Pietra del Destino e che non era del tutto sicuro che la pietra restituita a Londra era effettivamente quella originaria. Se tutto ciò fosse soltanto una montatura oppure no probabilmente non lo sapremo mai.

La restituzione del 1996: l’atto finale?

Il Castello di Edimburgo

Il Castello di Edimburgo

Durante il 1996, in risposta alla crescente tensione tra i Nazionalisti scozzesi che lamentavano una scarsa rappresentanza della loro nazione all’interno del Parlamento inglese, il Governo offrì spontaneamente la restituzione della Pietra del Destino alla Scozia. La Pietra venne così definitivamente rimossa dal Trono dell’Incoronazione di Westminster e portata nella capitale scozzese, dove oggi è conservata all’interno del Castello di Edimburgo, ben visibile ai turisti (sebbene sia proibito fotografarla, più che altro perché insieme ad essa sono conservati i Gioielli della Corona scozzese). La cerimonia della traslazione è stata effettuata nel giorno di S. Andrea, protettore della Scozia, alla presenza del Principe Andrew inviato come rappresentante della Regina. L’accordo prevede che la pietra torni temporaneamente a Westminster in occasione delle future incoronazioni.

Simbolismo: le reliquie del Graal e le teorie “eretiche”

Dal punto di vista simbolico, oltre ad essere vessillo dell’orgoglio nazionalistico scozzese, la Pietra del Destino ha molti altri significati più occulti. Del suo ruolo come omphalos abbiamo già parlato in occasione delle sue origini leggendarie come “cuscino di Giacobbe”, il che la collega anche ai betili sacri ed alle “energie della Terra“.
Scavando ulteriormente nelle antiche tradizioni dell’Irlanda, si scopre che i mitici Tuatha De Danaan, divinità irlandesi giunte da occidente e rappresentanti ultraterrene del “piccolo popolo” dei folletti, fecero dono agli uomini di quattro oggetti sacri, dotati di poteri particolari. Essi erano: la Spada di Nuada, che una volta sfoderata non mancava mai la sua vittima, il Calderone di Dagda, che come una cornucopia offriva cibo in continuazione senza mai svuotarsi, la Lancia di Lugh, terribile arma che sprizzava scintille e sangue capace di dare l’invulnerabilità a chi la impugnasse, e la Lia Fàil, la Pietra dell’Incoronazione, che legittimava le incoronazioni regali emettendo un grido ogni volta che un re degno di questa carica vi salisse sopra.
Il ricordo di questi quattro oggetti, sicuramente simbolici, venne trasfuso nei cicli di romanzi nella letteratura del Graal. Quando Perceval assiste alla processione che si svolge nel Castello del Graal davanti al Re Pescatore, quattro oggetti, detti “reliquie” del Graal, sfilano davanti a lui: sono una spada, una coppa, un piatto ed una lancia, e ricordano chiaramente i doni dei Tuatha De Danaan. Nel Medioevo questi stessi quattro oggetti vennero codificati nei semi delle carte dei Tarocchi, precisamente negli Arcani Minori. Il simbolismo si mantenne anche quando gli Arcani Minori divennero carte da gioco comuni, e fu mantenuto quando da queste derivarono le carte da poker francesi. Per approfondire questo passaggio e per addentrarsi nel simbolismo delle Carte da Gioco, si rimanda il lettore all’articolo apposito presente nella sezione del Simbolismo.

I MISTERI DELLA PIETRA DEL DESTINO di ADRIAN GILBERT – HARMAKIS EDIZIONI