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Il paradigma olistico della nuova scienza

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L’Occidente ha il merito di aver creato una scienza sperimentale realmente universale, capace di dare unità di comprensione, di linguaggio e di metodo a ricercatori di ogni razza, fede e cultura. La scienza dona all’umanità la conoscenza delle leggi materiali ed energetiche dell’universo, un grattacielo intellettuale di enormi proporzioni e dalle solidissime fondamenta, estendendo la consapevolezza umana agli universi dell’infinitamente piccolo e dell’infinitamente grande, e svelando le alchimie biochimiche del corpo e del cervello, e le loro strutture.

La teoria del campo unificato e il paradigma olistico:

La teoria del campo unificato (Unified Field Theory) – una serie di equazioni capaci di riunire le varie leggi della natura – fu il sogno di Einstein e di molti fisici contemporanei. Nella teoria del campo unificato, ritroviamo la stessa tendenza all’unità, che caratterizza il paradigma olistico. Tale tendenza, che nel pensiero orientale è profondamente intrisa di spiritualità, nella fisica conserva un approccio razionale ed analitico. La spinta all’unità rimane tuttavia analoga. Ci troviamo così di fronte ad ipotesi scientifiche che riflettono il concetto di Unità Originaria, da cui tutto si è sviluppato.

Le nuove frontiere della scienza:

La scienza attuale, come ogni altro tipo di cultura umana, sta attraversando un momento di profonda trasformazione e rinnovamento. Mentre una parte della scienza è ancora ferma ad una visione materialista e riduttiva dei fenomeni dell’esistenza, e spesso anche chiusa a nuove visioni, una sempre più consistente parte di scienziati è proiettata verso nuovi paradigmi e ipotesi, e si apre a nuovi scenari di ricerca e interpretazione dei dati. Nascono le teorie dei sistemi e le scienze della complessità, le teorie del tutto, del caos e delle catastrofi, la cibernetica e l’informatica, la “psico-neuro-endocrino-immunologia”, le scienze cognitive, le realtà virtuali, le reti informatiche, l’educazione multimediale.

La scienza degli anni Novanta, chiamati “il decennio del cervello”, ha varcato il confine che la separava dallo studio scientifico della coscienza, rompendo così un tabù storico che la limitava dal suo nascere. La coscienza, fino agli anni Ottanta, era considerata ancora un argomento limite (se non dichiaratamente proibito) all’interno della scienza ufficiale, anche se già intorno alla metà del ventesimo secolo, vari scienziati, ricercatori e premi Nobel, dissentirono da una visione puramente materialistica della scienza. Fisici come Albert Einstein, Wolfgang Pauli, Niels Bohr, Erwing Schrödinger, Werner Heisenberg, Robert Oppenheimer e Marco Todeschini, ritenevano che il pensiero scientifico non fosse incompatibile con una visione spirituale del mondo. Nella fisica quantistica, in particolare, sono presenti numerose ipotesi e scoperte che sembrano superare le concezioni materialiste, aprendo nuove prospettive di integrazione tra materia e coscienza. Per una nuova scienza unitaria, tuttavia risulta necessaria una nuova attitudine dello scienziato che trovi le sue radici in una nuova esperienza dell’essere. Da notare che le parole scienza e coscienza hanno la stessa radice latina “scire”, che vuol dire sapere, conoscere.

La scienza della materia:

La scienza, propriamente detta, nasce nel Seicento con la proposta di Galileo di un metodo sperimentale – e quindi riproducibile – che potesse dare un alto margine di veridicità e universalità ai dati raccolti e alle ipotesi sul funzionamento della realtà. Il metodo sperimentale nasce come risposta al vecchio modo di imporre la “verità”, in modo dogmatico e fideistico, senza nessuna base reale, tipico delle religioni costituite e del pensiero magico/superstizioso medioevale.

Verità alle quali nessuno poteva opporsi, né sostenerne la falsità o la non documentabilità. Verificabilità, quantificazione e previsione diventano così i vessilli di una nuova via di conoscenza scientifica, più matura, realista e universale. Dopo una iniziale persecuzione contro scienziati come Galileo Galilei, la Chiesa – utilizzando la proposta “diplomatica” di Cartesio – decide di cedere alla scienza un proprio spazio, dividendo i campi di indagine e di potere: la parte spirituale, l’anima o Res Cogitans resta prerogativa della Chiesa, mentre alla scienza viene concesso lo studio di tutto ciò che è materiale, la sostanza fisica, la Res Extensa.

La scienza materialista e riduttiva, nasce quindi da questo severo limite imposto dalla religione ed anche dalla limitata sensibilità che caratterizzava gli uomini di quel tempo, incapaci di riconoscere la coscienza come realtà. Nella scienza così come venne a definirsi, nulla venne concesso alla sensibilità, all’amore per la vita, al rispetto per l’intelligenza e per la coscienza degli animali, della natura e dell’essere umano. Da allora in poi lo scienziato divide la materia dalla coscienza: l’unità vivente, senziente e cosciente viene frammentata in corpo e anima, perdendo di conseguenza il senso dell’unità e del sacro.

Nell’antica India, la Verità era uno dei tre attributi di Dio, inscindibilmente legata agli attributi di Bellezza e Bene. Oggi la scienza si è assunta il compito di stabilire la Verità delle cose, sostituendosi alla religione, ma facendolo purtroppo senza il sostegno dell’estetica, del rispetto per il bene globale, senza consapevolezza ecologica e psicologica e senza sacralità. Scienza e natura sono diventati due termini antagonisti e apparentemente inconciliabili. Ormai, la scienza ufficiale attuale, è solo l’espressione di scienziati che non hanno sufficientemente sviluppato una consapevolezza globale, o che hanno inconsciamente accettato il condizionamento dell’attuale cultura materialista.

La scienza totale:

E’ necessario rifondare una nuova scienza: i tempi lo impongono a gran voce, gli animali lo invocano con i loro occhi tristi dagli zoo, dai laboratori di sperimentazione e dai macelli; le foreste lo implorano con il loro silenzio, mentre fuoco o ruspe distruggono la loro dimora millenaria; lo sperano gli esseri umani, sbattuti e confusi da un mondo che gira troppo in fretta. La speranza è che il bene prenda finalmente il sopravvento. Speranza, tuttavia, da sempre frustrata.

L’uomo spera nei padri saggi della scienza, spera che sappiano e che comprendano come salvare l’uomo e la Terra dalla catastrofe, dimenticando che questa catastrofe è in gran parte creata proprio da una scienza al servizio del materialismo, del guadagno personale e della conquista. Si chiede quindi, a gran voce, che saggezza, sacralità e rispetto entrino, a pieno titolo, in quel mondo che oggi chiamiamo scienza. E’ dunque il tempo di una nuova scienza che basi il proprio metodo di ricerca della verità, senza mai dimenticare la vita nella sua infinita delicatezza ed intelligenza. Che non dimentichi il bambino e la quercia, né il torrente e i suoi pesci, né l’aria, né il silenzio e la bellezza della sua pace. Perché l’intera esistenza è divina e Una. Per questo la nuova scienza sarà “olistica”, crescendo nel rispetto e nell’amore del Tutto, dell’intero.

Presupposti logici e radici dell’esperienza unitaria:

 L'esperienza sacra di essere "uno"La divisione che la cultura occidentale ha creato tra mente e corpo, nasce dall’esperienza non unitaria di sé stessi. Non vi sarà nessuna scienza olistica fino a che l’essere umano non proverà l’esperienza sacra di essere “uno”, nella complessità di corpo, psiche, emozioni e coscienza. Un’unità di coscienza composta da un aggregato di atomi vivi e cellule sensibili, figlia della materna Terra, e testimone dell’infinita intelligenza del Tutto, che crea e anima ogni cosa. Solo un nuovo metodo scientifico può portare ad una nuova scienza: un metodo che sia basato su un diverso stato dell’essere, più allargato ed inclusivo, dove trovino giusto spazio e considerazione tutte le parti che compongono la vita e la coscienza, e non solo gli aspetti materiali.

Sperimentare l’unità dell’essere:

In primo luogo, una nuova scienza deve tener conto della realtà implicita della coscienza, come base di partenza per una corretta valutazione della vita. Ognuno di noi è innanzitutto un “cogito”, una coscienza: “se pensiamo, dobbiamo avere coscienza di noi stessi e della cosa pensata”. Coscienza è l’esperienza profonda dell’essere consapevoli! Un uomo, ad esempio, che non conosca cosa sia la meditazione, non può comprendere appieno la descrizione dell’esperienza del vuoto, del silenzio o dell’autoconsapevolezza. L’esperienza di sé è un’esperienza che si coltiva interiormente, come un’arte sottile in cui il piacere risiede nell’esperienza stessa di essere coscienti, senza finalità, senza clamori. L’esperienza interiore insegna ad ognuno che nel proprio essere esiste un’oceanica profondità, di cui siamo profondamente ignoranti.

Osservare l’osservatore:

Una scienza olistica deve partire da una metodologia sperimentale, in cui per prima cosa lo sperimentatore consideri sé stesso una unità di coscienza, e quindi sperimenti sé stesso come coscienza pura. L’osservazione non potrà mai essere veramente oggettiva e imparziale, fino a che la scienza non comprenderà la natura dell’osservatore o testimone, essenza stessa della soggettività. In particolare, nell’ottica di un’osservazione globale dell’esistenza, dobbiamo considerare l’importanza del fatto che “si vede solo ciò che si conosce”. Uno scienziato quindi che non abbia esperienza interiore di sé stesso in stato di consapevolezza fluida e pura, non potrà nemmeno riconoscere e comprendere la coscienza che anima ogni essere vivente, e quindi potrà solo divenire creatore di una scienza “separata dalla vita” e potenzialmente distruttiva.

L’esperienza della meditazione intesa come coscienza vigile senza pensieri, accomuna la quasi totalità delle grandi religioni orientali e delle antiche e moderne scuole di ricerca spirituale, ed è caratterizzata da una sincronizzazione delle varie aree del cervello e da una parallela sensazione di integrità psicofisica dell’essere.

Etica olistica:

Il riconoscimento del sacro non dipende dall’accettazione intellettuale del termine, ma dall’esperienza del sacro dentro sé stessi. Quando uno scienziato cerca di conoscere uno degli infiniti aspetti del Tutto in cui viviamo, deve ricordare che sta cercando di conoscere uno dei volti del divino, un altro aspetto di sé. Qualsiasi azione o sperimentazione, deve quindi essere condotta con enorme consapevolezza e rispetto per la vita di ogni creatura. Ogni lesione dell’altrui libertà, inficia la condotta etica che sta alla base della sperimentazione olistica. Certamente questo significa una drastica riduzione e limitazione degli attuali esperimenti e di come vengono condotti. Nella logica di un mondo di pace e consapevolezza, il fatto di provocare dolore, limitazione o morte per “ragioni scientifiche” ad altri esseri viventi, non è più accettabile.

Qualsiasi dolore porta ad un altro dolore e genera una scienza distruttiva. Riteniamo invece che stimolando la capacità di una più attenta osservazione, e lo sviluppo di nuove strumentazioni tecniche, di sistemi non invasivi e di una maggiore capacità deduttiva, sarà possibile determinare un enorme salto qualitativo, che si rifletterà in un miglioramento dell’arte medica e in generale di tutte le scienze.

Logica olistica:

Logica olisticaMentre nella scienza attuale qualsiasi sperimentazione è lecita, quando supportata da una certa metodologia, nella scienza olistica la logica deve essere positiva e non violenta sin dall’inizio. Ogni esperimento deve essere orientato al bene globale. Pertanto non sarà più accettata nessuna produzione di sostanze, tecnologie, farmaci, sperimentazioni che producano direttamente o indirettamente (dalla produzione al dopo consumo) sostanze tossiche o nocive per l’ambiente, per la natura o per l’uomo. E questo taglierà alla radice il problema dell’inquinamento. Per logica olistica positiva s’intende sperimentare per il benessere, studiare la salute come funzione primaria e non più la malattia. Significa comprendere la logica dei tempi naturali, dei ritmi e dei cicli e di come modificare la realtà distorta che ci circonda, riportandola all’armonia. Questo significa aprire il futuro alla prevenzione, alla riduzione dei consumi e a modi di vivere sempre più semplici ed ecologici.

Articolo di Nitamo Federico Montecucco (titolo originale:“Discorso sul metodo olistico”)

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L’Antartide si scioglie più in fretta delle peggiori previsioni

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Una nuova campagna di rilevazioni alimenta uno studio allarmante, che denuncia come i più importanti ghiacciai dell’Antartide stiano sciogliendosi a velocità inattesa e preoccupante.

I NUOVI DATI – I risultati della ricerca sono stati pubblicati su Nature Geoscience, i rilevamenti e gli studi sono stati condotti da una squadra di scienziati statunitensi, britannici, francesi e australiani, che si sono avvalsi di strumenti all’avanguardia per condurre diverse misurazioni del ghiaccio antartico, misure gravitazionali, radar e rilevamento laser dell’altimetria.

SEI METRI IN PIÙ – Quello che hanno scoperto è che due massicci ghiacciai dell’Antartide, uno a Est e uno a Ovest, si stanno sciogliendo a una velocità superiore alle attese e che ciascuno continue abbastanza acqua da far aumentare il livello dei mari di 3 metri, oltre sei tra tutti e due. Ora gli scienziati hanno scoperto che al di sotto di questi ghiacciai si stanno insinuando le acque calde dell’Oceano, che hanno aperto al di sotto della superficie marina veri e propri canyon nel ghiaccio. Aperture attraverso le quali l’acqua (più) calda dell’oceano sta sciogliendo il ghiaccio al riparo della vista a una velocità inattesa e finora imprevista.

Fonte: Nature Geoscience

Fonte: Nature Geoscience

LA NUOVA MINACCIA – Del ghiacciaio a Est si sapeva, ora anche quello a Ovest, il Totten, appare interessato dallo stesso fenomeno, che qualora si completi avrebbe conseguenze enormi, soprattutto sull’emisfero Nord, perché sciogliendosi il ghiaccio determina anche una ridistribuzione del peso sulla superficie terrestre, cambiandone anche l’assetto gravitazionale. All’aumento medio dovuto allo scioglimento dei ghiacci quindi s’aggiungerebbe quello derivante dal mancato effetto attrattivo della massa di ghiaccio, il che si risolverebbe in un aumento di circa il 25% dell’innalzamento della acque nell’emisfero Nord. Sciogliendosi, la coltre di ghiaccio che ricopre il Polo Sud, raggiungendo in alcuni punti i 500 metri, contribuisce all’innalzamento della acque molto di più dell’analogo fenomeno al Polo Nord, perché il ghiaccio al Sud è appoggiato sul continente e non galleggia sul mare come al Nord, dove sciogliendosi non andrebbe ad influire pesantemente sul livello delle acque.

fonte: giornalettismo.com